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JESSICA: Quando la paura si scrive in un diario (Romanzo Completo Free)



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Jessica (2016)
Genere: Horror/Thriller/Psicologico

Distribuito da: Youcanprint.it

Disponibile su:

Euronics




Scritto da:
Ejay Ivan Lac

JESSICA

Tratto da una storia vera









Prologo



Raccontarvi una storia come questa non è facile, specie se in tutto questo sono coinvolte persone reali.

Mi affascinava la storia, che sia vera o che sia falsa non è nei miei interessi, ho letto, mi sono informato, ho fatto ricerche e contattato una delle protagoniste, per farmi dire i dettagli della vicenda, perchè possiamo fare mille supposizioni ma non possiamo sapere, da soli, la vera verità di quanto è accaduto.

L'interesse per Jessica, è stato come un colpo di fulmine, la sua storia collegava tanti elementi che al giorno d'oggi, sono frutto di numerose domande, che non hanno mai avuto risposta, esattamente come la sua storia. 

Così, mentre leggevo i miei post su Facebook, e prendevo la mia solita pastiglia di melatonina e valeriana, mi apparve un link “La misteriosa storia di Jessica Pasquale” lessi l'articolo, postato da un sito che parlava di misteri e ufo, le solite cose che si trovano sul web, nessuna fonte autorevole, nessun link a siti esterni, l'articolo menzionava la compagna di Jessica, Sandra Ferilli, giudicata alla fine di tutta la vicenda, come una schizofrenica, che avrebbe inventato la vicenda e il presunto diario di Jessica, per avere notorietà.

Stranamente questo sito venne chiuso, e il suo indirizzo messo in vendita!

Entrò nei miei pensieri, e cercai Sandra in giro per il web, trovai solo la sua mail, nel tentativo di avere davanti ai miei occhi il diario di Jessica, gli scrissi, e quando tutte le speranze sembravano perse, ricevetti la sua risposta, accettando la mia idea... Quella di scrivere un romanzo con la sua storia, basandomi sugli elementi del diario della povera ragazza scomparsa, e dei dettagli raccontati da Sandra.

Non giudico Sandra per tutto quello che mi ha detto, e non giudico i contenuti del diario in suo possesso, accettando di non rispondere a nessuno di coloro che mi chiederanno di lei, non fornirò dettagli o nomi reali di persone all'interno del romanzo, il solo scopo è quello di raccontarvi una storia, affascinante e intensa, che potrà infastidire il vostro credere e la vostra forma di pensiero, non sono qui, per dirti che tutto questo è vero, o frutto di una messa in scena...

Vi chiedo solo di leggere, con il vostro pensiero proiettato in avanti, dimenticandovi la razionalità, e lasciarvi andare in un credere diverso dal solito.


(Ejay Ivan Lac) 
03/02/2015






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Capitolo 1
Fuori dalla porta



Jessica era seduta al banco, nella sua aula insieme ai suoi compagni di corso, il test di letteratura era difficile, ma lei era sicura di se quel giorno, sapeva perfettamente che avrebbe superato il compito con ottimi voti, ogni tanto il suo sguardo si spostava sull'orologio, posto sopra la lavagna che si trovava alle spalle della professoressa, seduta alla cattedra con il tablet, mentre navigava nella posta elettronica.

Nonostante il test, Jessica riusciva comunque a distrarsi e guardare il mondo che la circondava, i suoi occhi guardavano fuori dalle finestre dell'aula, due uccellini sul ramo di quell'albero che copriva la prima grande finestra verso destra, sorrideva nel vederli vicini, mentre tentavano di avvicinare i loro becchi, la natura rilassava la sua anima e rallentava il suo cuore che ogni giorno batteva forte, un po' per amore, un po' per paura.
Mentre scriveva le ultime righe del test, vide la porta dell'aula aprirsi, sulla soglia si trovava un suo amico che frequentava un corso diverso affianco alla sua aula, lui gli fece segno di seguirlo, ma lei cercò di fagli cenno che non aveva ancora finito il compito, i suoi compagni non sembravano infastiditi dai loro movimenti, tutti continuavano a mantenere gli sguardi sui loro fogli, anche la sua professoressa non si accorse di nulla, la ragazza finì il test, si alzò dal banco con la sua borsetta e consegnò il compito, poggiandolo sulla scrivania:

Jessica: "Ho finito, potrei uscire?"

La professoressa la guardò un secondo e poi gli diede il permesso di uscire dall'aula, ringraziandola con un sorriso.
Mentre si dirigeva verso la porta notò che il suo amico non c'era più, guardandosi in torno nel corridoio lo vide sul fondo, continuando a fargli cenno di seguirlo, lei sorrise e si diresse verso di lui, era tranquilla e rilassata, aveva finito il suo test e per un po' di mesi non aveva compiti da fare, era come liberata da ogni peso e l'unica cosa che voleva in quel momento, era quella di divertirsi e godersi le vacanze estive che erano ormai alle porte.

Scese le grandi scale che portavano nell'atrio dell'istituto e lui era fermo, che la guardava sorridendo, sul volto di Jessica si leggeva un'espressione incuriosita, sorrise un attimo e gli chiese: "Tutto apposto? che dobbiamo fare?"

Il suo amico portò la sua mano destra verso la bocca ed esclamò: "Guarda cosa so fare Jessica..."

Il ragazzo afferrò la parte inferiore della sua bocca e cominciò a tirare verso il basso, la pelle del viso si allungava e nella sua massima estensione cominciò a spaccarsi, spruzzando sangue da i due lati del viso, la bocca si allungava sempre di più e Jessica si inginocchiò a terra gridando dalla paura pregandogli di fermarsi.



Diario di Jessica: 12 Giugno 2010

"Era li davanti a me, il mio amico allungava la sua bocca e mi spaventava tantissimo, avevo paura, mi tremavano le gambe e il cuore, lui non faceva versi e continuava a spaccarsi la mascella, io gridavo forte, delle persone mi aiutarono ad alzarmi da terra, non riuscivo a vedere chi fossero, perchè la mia vista era annebbiata, sono svenuta, e non ho visto nulla"



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Capitolo 2
Cosa è successo?



I troppi pensieri di Jessica la portarono a prendere appuntamento da un psicologo di sua conoscenza, il suo ufficio si trovava nel centro di Firenze, mentre lei attendeva il suo arrivo, seduta davanti alla scrivania, guardava fuori dal finestrone, poteva vedere il tramonto che dava quel colore arancione alla cattedrale di Santa Maria del fiore, la piazza posta davanti all'ingresso e le persone sedute sotto gli ombrelloni dei bar, che i turisti affollavano, mentre altri fotografavano il paesaggio.

Dietro di lei si aprì la porta, entrò il Dott. Daniele, che conosceva Jessica da quando era piccola, tramite i genitori che la ragazza perse all'età di dodici anni, lei andava poche volte a parlare con lui, solo quando aveva periodi molto stressanti e cupi, e questo, era uno di quelli, teneva le mani unite sulle ginocchia, Daniele sapeva che quel suo modo di fare era un sintomo di paura della ragazza, così si mise seduto alla sua scrivania e gli fece un sorriso:

Daniele: "Non ci vediamo da molto Jessica, come stai?"

Jessica: "Ho appena finito un esame di letteratura, penso sia andato bene!"

Daniele: "Mi hai detto al telefono che ti è capitato un fatto che ti ha spaventata molto... cosa è successo?"

Jessica: "Ho avuto un'allucinazione credo, ho visto questo mio amico che ha fatto una cosa terribile, si è aperto, la bocca, al limite, fino a spaccarsela del tutto! ho avuto molta paura, e poi sono svenuta.
Mi sono risvegliata due ore dopo, nell'ufficio della segreteria della scuola, dicevano che mi sono messa a dormire, mi hanno lasciata riposare sulla poltrona, ed eccomi qui!"

Daniele prese la cartella della ragazza, e cominciò a scrivere, lei spostò lo sguardo verso il mobile dell'ufficio, sopra, vicino a dei libri e un orologio da mobile, si trovava una bambola di porcellana, seduta, con un vestitino rosso acceso, in puro stile vittoriano e una capigliatura riccia dal colore biondo, un cappellino nero in testa inclinato verso sinistra, e un piccolo velo bianco sul viso.

Il dottore chiuse la cartelletta, guardava Jessica che era distratta, si alzò e andò verso la bambola:

Daniele: "Questa era di mia madre, quando morì vendemmo la sua casa, mentre portavamo via i mobili e oggettistica varia, trovai questa bambola nel mobile, la feci sistemare e pulire, era piena di polvere, è così bella, ma l'unico valore che ha è quello affettivo."

Jessica: "Mia madre aveva una bambola simile, la teneva sempre al centro del tavolo nel salone."

L'uomo prese una sedia e si mise davanti a lei: "Jessica lo so che hai passato un periodo difficile dopo la morte dei tuoi genitori, ma come ti ho sempre detto, il passato devi lasciarlo indietro, con tutto l'amore che puoi sentire ancora per loro, ma devi recuperare la tua vita e vivere per i tuoi progetti e i tuoi obbiettivi, queste allucinazioni che hai sono frutto delle tue paure e tristezze, trovati delle attività da fare, un lavoro estivo, qualche sport. Vedrai che poi con il passare del tempo tutto si sistema!"

Jessica annuì, prese lo smartphone che aveva in tasca e chiese al suo dottore se poteva fotografare la bambola, lui gli diede il permesso, si alzò dalla sedia e fece la foto, la guardava affascinata, quel colore, quello stile, quel viso così curato, si abbinavano al colore del tramonto che penetrava dalla grossa finestra.



Diario di Jessica: 13 Giugno 2010



"Sono andata dallo psicologo oggi, abbiamo parlato un po' e mi ha aiutata a togliermi il peso di quella visione, nel suo ufficio vidi una bambola meravigliosa, mi piaceva, con il cellulare gli ho fatto una foto, sono innamorata di questo genere di bambole antiche, penso che uno di questi giorni ne comprerò una, ma prima, vorrei provare a trovarmi un lavoretto da fare durante le vacanze estive, mi farò aiutare dalla mia ragazza"



Mentre tornava a casa passando per Via Calzaiuoli, guardava le vetrine dei negozi, affascinata da un vestito che si trovava in una vetrina, rosso, come quello della bambola che aveva visto nell'ufficio del dottor Daniele, si decise così di trovare un lavoro estivo e comprarselo, camminando più avanti, un cartello posto sopra la porta di un ristorante diceva: (Cercasi cameriera) Jessica restò lì a guardarlo e sorrise.






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Capitolo 3
Confessioni


Jessica tagliava le carote in cucina su un'asse di legno poggiato sul tavolo, Sandra, la sua fidanzata, era seduta sul divano a sorseggiare un bicchiere di vino rosso, la casa di Jessica era nuova, si era da poco trasferita, aveva sempre vissuto all'interno di un appartamento insieme ad altri coinquilini, dopo la morte dei genitori si iscrisse all'università, lavorò per un breve periodo in un negozio di vestiti.

Per via degli studi non riuscì a continuare gli impegni di lavoro, così decise di ritirarsi per completare gli esami, riuscendo a pagare l'affitto di un nuovo appartamento, da sola, senza altre persone dentro.

Sandra si trasferì li con lei, con il suo lavoro da impiegata, riusciva a mantenere anche Jessica, senza fagli mancare mai nulla.

Il profumo della verdura nella griglia elettrica, spinse Sandra in cucina da Jessica che con il sorriso sul viso condiva con sale e spezie le sue verdure:

Sandra: “Ma che buon profumo amore, stai migliorando molto in cucina”

Jessica: “Non le hai ancora assaggiate, non puoi dirlo con esattezza”

Sandra: “Se devo essere sincera, le altre volte, non sentivo questo profumo invitante”

Jessica prese con una forchetta una carota grigliata, portandogliela davanti alla bocca della sua compagna, la invitò ad assaggiarla, Sandra era un po perplessa perché la carota fumava tantissimo e aveva paura di scottarsi, afferrò il polso di Jessica, che teneva la forchetta in mano, avvicinò la bocca e con attenzione morse un pezzo di carota, stando attenta a non scottarsi “Squisita, non avevo mai provato le carote alla griglia” esclamò Sandra, avvicinandosi alla griglia a guardare tutte le altre verdure che si cuocevano ed emanavano profumi invitanti, grazie anche alle spezie e i vari condimenti creati da Jessica.

Allestirono la tavola nel salotto, con la bottiglia di vino nel centro, i bicchieri pieni e i piatti ricchi, l'atmosfera era illuminata dalle quattro candele verdi e la tovaglia nera, davano quel tocco di eleganza alla loro cena, i loro occhi si incrociavano tra un boccone e un sorso di vino.

Jessica poggiò la forchetta sul tavolo, guardò Sandra negli occhi sorridendo, e con entusiasmo gli disse la novità:

Jessica: “Ero a curiosare i negozi oggi, mentre tornavo dallo psicologo, e sulla porta di un ristorante ho letto un cartello, cercavano una cameriera giovane, per servire ai tavoli la sera...”

Sandra: “Bene, e hai intenzione di andare a chiedere?”

Jessica: “Sono entrata subito, ho parlato con il gestore del ristorante, mi ha assunta, comincio tra due giorni”

Sandra: “Mio dio, ma è meraviglioso Jessica, è una notizia bellissima questa”

Jessica prese il bicchiere di vino e invitò la sua fidanzata a brindare con lei: “Brindiamo, alla mia nuova avventura come cameriera!” le due si misero a ridere, dopo il sorso di vino, si guardarono negli occhi e si baciarono...

Sparecchiarono la tavola, Jessica puliva con un panno il tavolo, Sandra si avvicinò dietro le sue spalle, l'afferrò con le braccia e la strinse a se, baciandogli il collo, Jessica scostò i capelli per farsi baciare meglio, guidò le sue mani verso al seno mentre il calore gli percorreva tutto il corpo, un po' per il vino, un po' per il cuore che batteva fortissimo.

Sandra fece sedere Jessica sul tavolo, gli tolse i jeans e si tolse la maglietta, baciandola sulle gambe e accarezzandogli il seno, ancora nascosto dalla canottiera.






Diario di Jessica: 13 Giugno 2010



“C'è stato qualcosa di diverso stanotte con la mia fidanzata, mi ha tolto i pantaloni e ha cominciato a baciarmi le gambe, mi sentivo calda e avevo una voglia matta di spogliarmi nuda, così, mentre lei mi baciava le gambe io mi tolsi tutti i vestiti, rimanendo nuda solo per lei, lei si spogliò e ha cominciato a baciarmi la vagina, fece con la lingua qualcosa che non aveva mai fatto, la infilava dentro, e mi piaceva tantissimo, sentivo di amarla in quel momento, e avevo voglia di sentirla più forte dentro di me, gli presi la testa e la spingevo, volevo la sua lingua dentro, lei poi ha capito, e con le dita ha cominciato a masturbarmi.
In quel momento mi sentivo bruciare, si concentrava solo su di me, strinsi i pugni e un piacere intenso mi avvolse tutto il corpo, quasi da perdere i sensi, è stato bellissimo”

Le due ragazze erano nel letto, a luce spenta, Sandra guardava il soffitto, mentre Jessica era abbracciata a lei, con il viso vicino al petto e lo sguardo rivolto alla finestra, una luce pallida proveniente dal lampione vicino, illuminava timidamente la stanza, i loro corpi erano nudi, faceva troppo caldo per coprirsi.

Jessica: “Ho avuto un'altra allucinazione, come ti avevo accennato ieri, è stata terribile”

Sandra: “Ormai è passata. Sai cosa penso? Che è stata l'ansia e la tensione del test che hai affrontato, io credo sia stato quello”

Jessica: “Ma era così vivo e reale, il mio amico Francesco poi mi ha chiamato al telefono, datosi che lui era il protagonista del mio incubo, voleva sentire come stavo”

Sandra si mise a ridere un attimo: “Io avrei chiesto a lui se stava bene, visto che si è spaccato la bocca”

Jessica gli diede un colpetto sulla spalla: “Dai non scherzare è una cosa seria!!!”

Sandra gli baciò la testa: “Dai ormai è passato, non ti preoccupare, te l'ho detto come la penso, ansia e tensione per il compito. Ora cerca di dormire”

Le due ragazze chiusero gli occhi per addormentarsi, anche se Jessica era ancora un po' pensierosa per via di quel fatto terribile, fece un lungo respiro e si addormentò.

L'orologio posto sul comodino segnava le 3:15 della notte, la strada era silenziosa, qualcosa svegliò Jessica dal suo sonno, sentiva le gambe paralizzate e le braccia intorpidite, si girò verso Sandra ma lei dormiva girata sul fianco destro, dandogli le spalle, lo sguardo di Jessica si spostò verso le lenzuola poste ai piedi del letto che cominciarono a muoversi da sole verso le ragazze, come per coprirle, non poteva muoversi, ne riusciva a parlare e chiamare la sua compagna, la voce era soffocata, non riusciva neanche a respirare.

Le lenzuola coprirono i loro corpi nudi, il lampione fuori dalla finestra si spense e la porta della stanza si aprì lentamente, Jessica guardò verso la porta, incredula e spaventata.

Entrò la bambola che aveva visto nell'ufficio del medico, teneva i piedi sollevati da terra e volava lentamente all'interno della stanza, fuori dalla finestra due flash luminosi, accecarono i suoi occhi, la bambola arrivò di scatto, come un frame veloce, sopra il loro letto, e gli chiedeva, con voce da donna: “Jessica, ti piaccio?”

La ragazza girò la testa verso Sandra, e vide, che aveva il viso di porcellana e gli sorrideva, riuscì ad urlare fortissimo e si svegliò come da un sogno, le lenzuola erano dove le avevano lasciate e i loro corpi ancora nudi, l'orologio segnava le 4:25.

Sandra si svegliò di colpo e vide la sua ragazza seduta nel letto che si copriva gli occhi e piangeva a singhiozzi: “Jessica che cazzo succede, cos'hai?”

La ragazza non rispondeva, continuava a tenere gli occhi nascosti con le mani e piangeva fortissimo, Sandra l'abbracciò a se, cercando di tranquillizzarla: “E' stato un incubo, tranquilla, era solo un incubo...”






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Capitolo 4
Distrarsi fa bene





Il primo giorno di lavoro per Jessica era un'esperienza divertente, i suoi colleghi erano gentili, i clienti gli facevano i complimenti per i suoi capelli ben curati e i suoi occhi grandi, il capo, Franco, la guardava lavorare, era soddisfatto della sua scelta, sapeva che quella ragazza aveva un grande potenziale dentro di lei, la voglia di muoversi e fare tutto per bene, alcune volte, quando si fermava nella cucina, dava dei piccoli consigli ai cuochi, loro li apprezzavano perché le spezie da lei consigliate davano quel tocco in più al sapore dei loro piatti.

Franco, la chiamò nel suo ufficio, lei poggiò il vassoio che teneva tra le mani e si diresse all'interno della stanza.

La invitò a sedersi su una sedia, Jessica teneva come al suo solito le mani vicine tra le ginocchia, e si guardava intorno, era il suo modo di fare, quando si trovava in una situazione di timidezza, lui aveva la solita aria autoritaria e severa quando lavorava e dava le direttive ai suoi dipendenti.

Prese una busta da lettere da sotto la scrivania e la poggiò sul tavolo:

Franco: “Jessica, questo è un mio piccolo regalo per te, dentro troverai cento euro, consideralo un ringraziamento per come hai lavorato oggi”

Jessica: “O no! No non posso accettare, non sarebbe giusto nei confronti degli altri”

Franco: “Ma tu non ti devi preoccupare di questo, è un piccolo regalo, diciamo premio alla tua bellezza Jessica”

La ragazza arrossì e teneva lo sguardo sulla scrivania, si vergognava a guardare l'uomo negli occhi: “Per la mia bellezza? Penso che lei stia esagerando'”

Franco: “No Jessica, quando sei entrata da quella porta, chiedendo di lavorare qui, io ti ho ammirato moltissimo, sei dolce, molto bella, simpatica... sei meravigliosa, aumenterò il tuo stipendio, penso che ti metterò anche ad accogliere la clientela”

Franco spinse verso Jessica la busta contenente il suo regalo in denaro, lei la guardò e la prese, un po' indecisa ma alla fine, dentro di lei, sapeva che gli sarebbero serviti.

L'uomo si alzò dalla sedia per salutare la ragazza e gli accarezzò i capelli: “Li tieni bene, complimenti, ci vediamo domani sera, vieni un po' prima per sistemare la sala” la ragazza annuì con la testa, prese le sue cose ed uscì dal ristorante.

La busta contenente i cento euro, era tra le sue mani, la voglia di comprare quel vestito rosso che aveva visto nei giorni scorsi era tanta, così, con un sospiro e un leggero sorriso, si diresse verso quel negozio che si trovava a pochi passi dal ristorante.

Il vestito era lì, ancora in vetrina con il suo prezzo, cinquantasette euro, non era molto, gli sarebbero anche avanzati qualche euro per altri piccoli sfizi.

Era un piccolo negozio che vendeva solo vestiti particolari, disegnati e costruiti dalla proprietaria stessa, non era fatto per girarci dentro, somigliava quasi ad una piccola sartoria, al suo ingresso si trovavano quattro manichini che indossavano vestiti da donna meravigliosi, le pareti ospitavano magliette e sciarpe eleganti, a pochi metri dalla porta d'ingresso il bancone, senza la proprietaria, probabilmente si trovava dietro nel piccolo magazzino dove costruiva e disegnava i vestiti in esposizione, Jessica notò che sul bancone si trovava un campanellino, sorrise e cominciò a suonarlo.

Dal fondo del magazzino la voce di una signora arzilla: “Eccomi, eccomi, arrivo”

Quando la proprietaria uscì da dietro una porta, Jessica rimase affascinata, una settantenne molto appariscente, aveva i capelli bianchi e un vestito nero senza maniche, i capelli ricci e vaporosi e teneva una fascetta bianca di seta sul polso sinistro, gli occhi verdi e un grande orecchino circolare nell'orecchio destro, la ragazza indicò il vestito rosso che le piaceva: “Ecco, io vorrei acquistare quel vestito, mi piace tanto!”

La signora va verso di lei e si presentò: “Io mi chiamo Marianna, piacere”

Jessica: “Oh! Io sono Jessica, piacere mio, il suo negozio ha tantissime cose che mi piacciono, ho letto fuori che sono tutte sue creazioni”

La donna andò verso il vestito, e lo tirò giù dal manichino: “Tutti io li disegno, li costruisco, li taglio, li sistemo, ormai ho vestito praticamente tutte le migliori donne che mi hanno incontrata, anche Marylin Monroe... gran bella donna”

Jessica: “Wow! Merylin? dice sul serio?”

Marianna: “Certo che si, gli anni più belli della mia vita, ed ora, tu ne farai parte, sono sicura che tornerai molte volte qui, vero?”

Jessica si mise a ridere: “Certo, perché non dovrei?”

La donna poggiò il vestito dietro le spalle della ragazza, per vedere la lunghezza e se poteva andargli bene, gli chiese che misura portava solitamente, e Jessica rispose, che era solita comprare una taglia trentotto.

Marianna: “Bene, hai l'occhio attento, questo vestito è proprio adatto a te, vado a mettertelo nella confezione”

Dietro di Jessica si sentì la porta del negozio aprirsi, ma lei non si girò per guardare, era catturata dai bellissimi braccialetti che si trovavano nel vetro, all'interno del bancone, uno in particolare l'affascinava, con piccole palline bianche posizionate sopra una piccola fascetta nera con i bordini rossi, quando si girò verso la porta del negozio, vide che non c'era nessuno...

In quel momento Marianna gli portò il vestito tra le mani, confezionato dentro un'elegante borsa di carta, nera, con le iniziali M.A.:

Marianna: “Tieni cara, è pronto”

La ragazza un po' distratta tirò fuori i soldi dalla busta che il suo datore di lavoro gli aveva consegnato, la donna da dietro la cassa gli diede il resto, e lo scontrino, Jessica salutò la donna, dando un'ultima occhiata al negozio, non per guardare i vestiti, ma per capire, chi fosse entrato pochi minuti fa.




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Capitolo 5 
La bambola




Sandra era seduta sul letto, stava leggendo la rivista di Vogue, alcuni vestiti presentati nelle pagine ispiravano le sue voglie di shopping, mentre Jessica si stava provando il vestito che aveva comprato, guardandosi allo specchio e sistemandosi i capelli: “Forse dovrei comprarci un cappellino nero, che ne dici amore?” esclamò, mentre si continuava a guardare.

Sandra si alzò dal letto, e andò verso di lei, la guardò un attimo, la prese dalle mani, guardandola negli occhi: “Sei bellissima, ti sta d'incanto”.

Per Jessica quel vestito era qualcosa che sentiva nelle viscere, gli dava pace e armonia quando lo indossava, da quando l'ha visto nella vetrina si è innamorata subito del suo stile, e della sua forma, elegante e sinuosa.

Prese la sua borsetta e salutò Sandra con un bacio sulle labbra: “Vado, ci vediamo più tardi”.

Mentre Jessica attendeva il Dott. Daniele, nel suo ufficio, si mise a passeggiare per la stanza, guardò la fotografia che era poggiata sulla scrivania, con Davide, abbracciato alla figlia Maria, la ragazza non conobbe mai la figlia del dottore, nella mente si chiedeva come possa essere possibile, visto che lui conosceva Jessica da quando era piccola.

L'uomo aprì la porta del suo ufficio ed entrò, notando Jessica che aveva in mano la fotografia, lei lo salutò, e poggiò la fotografia sopra la scrivania: “Buongiorno Dottore, sono arrivata un attimo in anticipo e la sua segretaria mi ha fatto entrare”.

Davide si mise seduto nella sua sedia: “Non preoccuparti Jessica, accomodati, vedo che stavi guardando quella fotografia”

Jessica: “Come mai non ho mai fatto conoscenza con sua figlia?”

Davide: “Non ho mai avuto occasione di fartela incontrare, credo che gli saresti piaciuta molto”

Jessica: “Perché? Adesso dov'è?”

Davide prese in mano la fotografia: “Maria è scomparsa qualche anno fa, il suo corpo è stato ritrovato nel prato di un parco, senza vita, ma per fortuna, siamo riusciti l'anno scorso, a mettere dentro il suo assassino”

Jessica rimase letteralmente sconvolta, senza parole, non avrebbe mai immaginato in una storia come quella, così si scusò con Davide, per le domande che gli aveva fatto, ma lui gli fece capire che non c'era nessun problema, quella storia ormai viveva dentro di lui, riuscendo a conviverci senza dagli più peso come una volta.

Ripose la fotografia in un cassetto, e si dedicò a parlare dei problemi di Jessica, tirando fuori la sua documentazione, impugnando la penna, pronto a scrivere quel che la ragazza aveva da dire:

Davide: “Allora Jessica, come stai dall'ultima volta?”

Jessica: “Ecco vede, un paio di notti fa, credo di aver avuto un'altra allucinazione, ma questa volta, credo sia stato solo un incubo”

Davide: “Siamo qui per questo, raccontami ciò che hai visto”

Jessica: “La scorsa notte, ero come paralizzata nel letto, non riuscivo a muovermi, le gambe erano gelide e le braccia, erano come bloccate da qualcosa, era come la sensazione di mani che mi tenevano ferma.

La mia voce era assente, ho cercato di chiamare la mia ragazza, ma lei non mi sentiva, ed è stato proprio in quel momento che mi sono spaventa ulteriormente, quando ho visto....”

Jessica si fermò un attimo, e guardò il dottore negli occhi, era come indecisa a dire ciò che aveva visto, si girò verso il mobile dove aveva visto la bambola...

Davide: “Cosa hai visto Jessica?”

Jessica: “Io, io... ho visto la sua bambola entrare dalla porta della stanza da letto, non poggiava i piedi, poi dei flash fuori dalla finestra, e Sandra quando si girò, aveva il viso di porcellana”

Davide scriveva sulla cartella della ragazza: “La bambola di chi? Di Sandra?”

Jessica: “No, la bambola che aveva lei nel suo ufficio, quando sono venuta la scorsa volta”

Davide sembrava come se non avesse mai avuto quella bambola, non riusciva a capire di cosa stesse parlando la ragazza, Jessica si guardava in giro, per vedere dove poteva essere, aveva notato che sul mobile non vi era nessuna bambola, così pensava che magari l'uomo l'avesse spostata da qualche altra parte.

La ragazza si alzò dalla sedia un po' agitata, e cercò di capire dove fosse quella bambola:

Jessica: “Dottore, la bambola dal vestito rosso che aveva sul mobile, ne abbiamo anche parlato l'ultima volta che ci siamo visti”

Davide si alzò dalla sedia e andò verso di lei per tranquillizzarla, ma lei era spaventata da quella situazione assurda: “Jessica adesso calmati, siediti un attimo, forse ti stai confondendo”

Jessica: “Forse lei non si ricorda, ma abbiamo parlato un po' della bambola, io l'ho vista era sul mobile... ho anche la sua foto nel mio cellulare”

Cercava tra le foto del suo cellulare, ma non riusciva a trovarla, solo alcuni scatti neri, le foto che lei aveva fatto, erano completamente nere.

La ragazza prese le sue cose, per uscire dall'ufficio, il dottore cercò di fermarla ma lei preferiva andare fuori a farsi una camminata, tutta quella confusione le stava provocando disagio e ansia.

Salutò l'uomo ed uscì dalla porta, forse era meglio non parlare con nessuno delle sue visioni, stringeva i pugni mentre camminava per strada e le lacrime gli coprivano gli occhi, i suoi pensieri si facevano milioni di domande, e quella bella giornata di sole, per lei, era come un quadro che raffigurava il buio e l'inverno.

Mentre i suoi piedi toccavano lenti il marciapiede che portava verso casa sua, il sole si ombreggiò per un attimo, come se una grande nuvola coprisse la sua luce, ma il vento non era presente in quella giornata, gli alberi erano fermi e non tirava un filo d'aria, i suoi occhi puntarono verso il cielo, ma era tutto azzurro, solo un aereo passava in quel momento, spezzando l'azzurro con un linea bianca.

I suoi occhi si ricoprirono di lacrime, e corse verso casa, per paura di aver visto un'altra delle sue visioni.



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Capitolo 6
Una notte troppo lunga




Sandra era sotto la doccia, dopo una giornata intensa di lavoro, amava quando l'acqua calda gli massaggiava il corpo, i pensieri scivolavano via insieme alla schiuma che portava via il peso della giornata, i suoi pensieri disegnavano anche il viso di Jessica, sapeva che qualcosa in lei la turbava, e questo gli portava dispiacere, avrebbe voluto aiutarla in qualche modo, ma non sapeva come muoversi e come comportarsi, le visioni di Jessica facevano paura anche a lei.

L'acqua gli bagnava il viso, mentre i suoi occhi erano fissi nel vuoto, avvolgendo con la schiuma della saponetta le mani, mentre cercava una soluzione per aiutarla.

Jessica era seduta sul divano a guardare la televisione, anche lei pensierosa, cambiava i canali con il telecomando, senza dare attenzione a ciò che guardava, nella sua mente, apparivano le immagini di quanto era accaduto quel giorno, si chiedeva, che fine avesse fatto quella bambola, e perché il dottore gli aveva mentito.

L'immagine della televisione si fermò sul viso di una donna, che appariva a metà, era un'immagine confusa, dalla bocca in poi, vi era un'altra immagine, una mano con il palmo aperto, probabilmente l'antenna aveva perso il segnale bloccando l'immagine di quel programma, cercò di cambiare canale, ma il telecomando sembrava morto.

Provò a dagli qualche colpetto, ma non voleva saperne di partire, si alzò dal divano, forse cambiando le batterie avrebbe funzionato. Una musica altissima, proveniente dalla televisione, si accese di colpo, la ragazza corse subito davanti al televisore per spegnarla, ma il tasto sembrava non funzionare, così si abbassò a terra e provò a staccare la spina, riuscendo a spegnerla, ma quando si mise davanti ad esso, vide nel riflesso del vetro, che qualcuno era seduto sul divano.

Jessica si girò per guardare, non vide nessuno, pensava a Sandra, forse aveva finito di farsi la doccia, ma la sentì canticchiare dal bagno.

Jessica chiamò Sandra dal salotto, lasciò la spina a terra e andò verso il bagno, alle sue spalle, la luce del salotto si spense, rimase ferma nel corridoio, chiuse gli occhi, il suo cuore era agitato, pensava ad un'altra delle sue allucinazioni, ma la sua ragazza era lì, nella doccia che canticchiava.

Con coraggio provò a muoversi, entrando nel bagno, vedeva Sandra, dal vetro della doccia, che si lavava il corpo: “Sandra, eri tu prima in salotto?” la ragazza non rispose, ma smise di canticchiare, e si fermò.

L'acqua continuava a scorrere, ma il corpo di Sandra non si muoveva, c'era troppo silenzio e l'atmosfera cominciava a prendere una direzione che a Jessica metteva paura: “Sandra, ho paura!!!”.

Nel riflesso dello specchio, posto sopra il lavandino, Jessica vide che dietro di lei, passò Sandra nel corridoio, camminando all'indietro, il suo sguardo guardò subito la doccia, che era completamente pulita, e della sua ragazza non c'era traccia...

Si girò verso la porta del bagno, con attenzione cercò di guardare il corridoio, per vedere se vedeva Sandra, udì un rumore provenire dalla camera da letto, sentiva qualcuno che saltava su letto, uscì dal bagno per andare a vedere, camminava lenta, si chiedeva cosa stesse succedendo, era spaventata, Sandra si comportava in modo strano, e gli metteva paura.

Arrivata alla soglia della porta, tre forti flash di luce invasero la casa, l'orologio sopra il comodino segnava le 3;45 della notte, e Sandra, era sospesa a mezz'aria sul letto, era come se si fosse bloccata mentre saltava, Jessica rimase impietrita, le lacrime cominciarono a scendere dalla paura, le mani tremavano e cadde a terra, le sue gambe erano come paralizzate, non riusciva più a muovere le braccia, come un paio di notti fa, il suo fiato e la sua voce, erano come soffocate, non riusciva a chiamare la sua compagna.

Cercò in qualche modo di provare a trascinarsi verso il letto, una sensazione strana la fece fermare, dal fondo del corridoio vide una figura che lentamente si muoveva verso di lei, senza fare rumore, era molto alta, non si riusciva a vedere come fosse vestita, per via del buio che avvolgeva l'appartamento.

Fuori dalla finestra della camera, una luce bianca illuminò Sandra, Jessica in quel momento riuscì a gridare, ma senza sentire il suono della sua voce.

Si risvegliò gridando fortissimo, sul divano, mentre Sandra, in accappatoio, era lì vicino a lei che cercava di tranquillizzarla.

La ragazza si guardava intorno, la televisione era accesa, anche la luce del salotto, tutto quello che aveva visto era frutto di un incubo.

Sandra: “Jessica guardami, guardami sono io, guardami negli occhi, ci sono io adesso, resta calma”

Jessica era spaventatissima, riuscì a calmarsi, guardò Sandra negli occhi, respirò profondamente, e riuscì a tranquillizzarsi.

Jessica: “Era terribile amore, era terribile, ho avuto troppa paura”

Sandra: “Ora è finito, hai solo sognato, è finito, ci sono io qui”

Le due ragazze si abbracciarono, le mani di Jessica stringevano forte sulla schiena di Sandra, si continuava a guardare in giro, non era ancora convinta di ciò che era successo, quel sogno era troppo intenso, la sua sensazione era ancora viva dentro di lei, come se tutto ciò era accaduto veramente.

Sandra si alzò per andarsi a mettere il pigiama della notte, mentre si allontanava verso la camera da letto, Jessica notò una goccia di sangue sul divano, si toccò un po' per capire se proveniva da lei, e si accorse, che nel suo polso destro aveva un graffio, usciva del sangue, provò a toccarlo e sentì che gli bruciava moltissimo.

Forse si era graffiata mentre gridava nel sonno, nel bagno mise sotto l'acqua il polso, pulendosi con un panno pulito, pensava a tutto quello che era successo, cercando anche di capire, come si era procurata quel graffio.






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Capitolo 7
Resta in silenzio





Diario di Jessica, 25 Giugno, 2010


“Le visioni sembrano finite, sono parecchi giorni che non mi sento più agitata e nervosa, ma c'è qualcosa che non mi convince, quando mi reco verso il posto di lavoro, ho l'impressione che qualcuno mi stia pedinando, oggi ad esempio, vicino alla fermata del bus, c'era un uomo che mi fissava, e indossava degli occhiali da sole, la stessa cosa è successa vicino all'edicola, un uomo diverso, mi fissava, indossava anche lui degli occhiali da sole.

Ma quella sensazione di avere gli occhi puntati su di me, accade anche quando non vedo nessuno, non sono allucinazioni queste, perché, uno di questi uomini è stato urtato da un bambino che correva sul marciapiede, da lì ho capito che era tutto reale”





Diario di Jessica, 26 Giugno, 2010


“Questo lavoro mi piace molto, ho conosciuto molte persone simpatiche ma... ultimamente il mio datore di lavoro mi sta troppo addosso, mi da fastidio, quando passa, anche se c'è tanto spazio dove andare, lui si strofina su di me, molte volte mi mette la mano sui fianchi e vuole sempre abbracciarmi.

Ha aumentato il mio stipendio, mi ha anche messo ad accogliere i clienti, forse non lo fa apposta, magari è il suo modo di fare, ma mi tratta diversa, da come tratta tutti gli altri suoi dipendenti.”




Jessica si trovava al banco, posto all'ingresso del ristorante, accoglieva i clienti che entravano, molti avevano le prenotazioni, altri entravano e chiedevano un tavolo improvvisato, di solito i clienti che entravano a chiedere un tavolo, facevano parte di una lista speciale, molti uscivano dal lavoro, e per non aspettare di arrivare a casa, andavano a pranzare o cenare, spesso uomini d'affari, o uomini ricchi che all'uscita dei loro uffici, portavano le loro amanti a cena!

Dalla porta d'ingresso, Jessica vide entrare sei giovani ragazze, a capo del gruppo si trovava Luana, una sua compagna di corso all'università, Jessica aveva sempre odiato questa ragazza, perché spesso la trattava male, non passava giorno che non parlasse di lei con le altre ragazze, spesso a voce alta, per provare a ferirla mentalmente.

Nessuno sa esattamente perché Luana avesse questo comportamento, alcuni amici di Jessica la tranquillizzavano, dicendogli che le altre ragazze erano invidiose per la sua bellezza, e quindi si sentivano inferiori.

Luana andò verso il banchetto delle prenotazioni e vide la sua compagna:

Luana: “Cazzo, Jessica, ma lavori qui?”

Jessica: “Si, avete una prenotazione?”

Luana: “Si, ho prenotato un paio di giorni fa, guarda bene, deve esserci il mio nome”

Jessica guardava la lista delle prenotazioni, erano davvero molte quella sera, e il ragazzo delle prenotazioni aveva una calligrafia difficile da leggere.

Luana spazientita guardò le sue amiche, con la mano fece il gesto, per indicare la stupidità della ragazza, e le altre si misero a ridere:

Luana: “Allora sfigata? Se non c'è la prenotazione, quando esci di qua ti piglio a schiaffi”

Jessica: “Tavolo sedici, seguitemi”

Intanto da dietro un muretto, Paolo, un collega di Jessica, aveva assistito alla scena e all'arroganza di quelle ragazze nei confronti della collega.

Jessica accompagnò le ragazze al tavolo, Luana la guardava, pronta a dirle qualcosa davanti alle sue amiche:

Luana: “Sei fortunata a lavorare qui dentro è un locale prestigioso, da quando hai perso i tuoi genitori hai rischiato di finire in mezzo alla strada”

Una delle ragazze, fece una battuta mentre si versava l'acqua nel bicchiere, che si trovava nella brocca sul tavolo: “Beh se ti licenziano, so che fanno provini per film porno, qua vicino”

Tutte si misero a ridere, Jessica arrossì, ma fece finta di niente: “Vi faccio mandare il cameriere per le ordinazioni”

Quando Jessica si rimise al suo posto, Paolo andò verso di lei, gli fece un sorriso e si complimentò per la sua superiorità nel gestire quelle sei ragazze frustrate, la ragazza lo ringraziò, e sorrise anche lei.





Diario di Jessica, 26 Giugno, 2010


“Stasera al ristorante sono entrate delle ragazze molto fastidiose, a guidarle c'era una mia ex compagna di corso, Luana, ha sempre avuto un atteggiamento stupido verso di me, ma io non do mai retta a quello che la gente mi dice, guardo dritto verso di me, e se devo parlare, lo faccio, senza continuare il loro discorso, ad esempio, se una ragazza mi dice che sono una puttana, io gli dico, si hai ragione, è una bella giornata”.





Nell'orario di chiusura, Jessica puliva la sala, i suoi colleghi andavano via sempre una mezzora prima, il capo, Franco, entrò in sala e invitò la ragazza ad entrare nel suo ufficio.

Jessica entrò e lui chiuse la porta, la ragazza si sentiva a disagio, lui gli andò davanti e gli accarezzo il viso: “Dovremmo conoscerci un po' io e te, tu mi piaci molto”.

La ragazza non sapeva dove guardare, lui si avvicinò a lei e tentò di baciarla, ma lei riuscì a scostarlo:

Jessica: “Non credo che sia una cosa rispettosa nei miei confronti, siamo su un posto di lavoro, e a me piacciono le donne”

Franco la spinse contro la scrivania: “Stronzate, voi ragazzine del cazzo pensate di avere la fica più bella, rifiutate gli uomini come me, perché non assomigliamo ai vostri cantanti preferiti, no?”

Jessica: “Ma che cosa sta dicendo, mi faccia uscire subito di qui!!!”

Jessica tentò di andare verso la porta, ma lui la prese da un braccio, e con uno spintone la fece cadere a terra, si mise sopra di lei, cercando di tenerla ferma, gli infilò la mano tra le gambe, sotto la gonna, per togliergli gli slip, la ragazza si mise a gridare, ma lui gli bloccò la bocca con la mano, si slacciò i pantaloni e la violentò:

Franco: “Cazzo ti gridi? Ragazzina viziata”

Gli afferrò il collo, sempre con la mano, il suo viso era rosso, e respirava a fatica: “Prova a fare la stupida e ti tolgo il respiro”.

L'uomo tolse il pene dalla vagina della ragazza, raggiunse l'orgasmo sporcandogli i vestiti, lasciò la presa, e cominciò a baciarla sotto al collo, lei era sconvolta, e guardava il vuoto, con lo sguardo verso la parete, non sentiva più niente, nessun suono, nessuna voce, era come in una bolla.

Franco si alzò da terra e si sistemò, la ragazza, ancora sotto shock, si rimise gli slip e si alzò, l'uomo andò davanti a lei, puzzava di vino, lei guardava a terra e non aveva più coraggio a guardarlo in faccia: “Se ti comporti bene, non ti farò del male, fai qualche stronzata uscita di qui, e ti giuro che te ne pentirai, ora vai a casa, è tardi”

Franco prese una busta da lettere sotto la scrivania, con altri soldi dentro: “Tu accetta i miei bisogni, ed io ti pagherò profumatamente”.

L'uomo guardò le gambe di Jessica, vide del sangue colare, la guardò in faccia, e capì di averla sverginata: “Datti una pulita”.




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Capitolo 8
Paura di uscire




Diario di Jessica, 28 Giugno 2010


“Ho schifo, di tutto, ancora l'odore di quell'uomo sulla mia pelle, ancora lui se chiudo gli occhi, ancora lui, se guardo la televisione il suo viso mi torna in mente, ho paura a raccontare tutto a Sandra, ho paura anche ad uscire di casa, mi da fastidio ogni tipo di abbraccio, ogni tipo di bacio, mi chiedo, se sia meglio morire, o rimanere in vita.

Penso che la morte cancellerebbe ogni pensiero brutto, anche se ho il terrore di chiudere gli occhi e non vedere più la luce del sole”





Sandra entrò in casa, tornata stanchissima dal lavoro, poggiando la sua borsa sul divano si accorse che Jessica, era in camera da letto, incuriosita si diresse verso di lei, di solito a quell'ora doveva essere sul posto di lavoro, ma lei era li che sistemava il letto.

Jessica era seduta sul letto, guardava sul tablet un sito riguardante i suoi sintomi, la stanza e la casa era pulitissima, la ragazza aveva passato quasi tutta la giornata a sistemare ogni piccola cosa all'interno dell'appartamento.

La ragazza rivolse lo sguardo verso Sandra che la guardava sulla soglia della porta, si alzò dal letto con il tablet e gli fece vedere il sito che stava guardando:

Jessica: “Guarda cosa ho trovato, un forum di persone che hanno i miei stessi sintomi, ho scoperto delle cose stranissime”

Sandra la guardava negli occhi, aveva qualcosa nel suo sguardo, era agitata e sembrava presa da quel sito che stava guardando, notò anche dei fogli che aveva stampato, riportavano casi presi da internet, di ragazze e ragazzi che soffrivano di strane allucinazioni:

Sandra: “Perché non sei andata al lavoro?”

Jessica: “Poi guarda cosa ho stampato, questi sono tutti ragazzi che hanno avuto i miei sintomi, sai la cosa strana? Sono scomparsi tutti nel nulla”

Sandra: “Ti ho fatto una domanda, perchè non sei andata al lavorare?”

Jessica la guardò, voleva fagli vedere una foto trovata su internet, una ragazza che si era disegnata dei simboli strani sulla pelle, ogni volta che si addormentava, si disegnava simboli misteriosi sulle braccia e sul petto, al suo risveglio, si trovava il pennarello in mano, e i simboli sulla pelle.

La ragazza tutta emozionata, aprì la foto sul tablet e la fece vedere a Sandra, spiegandogli la storia, e ingrandendo l'immagine con le dita, per fagli vedere i simboli che postava nella sua pagina facebook.

Sandra la prese dalle spalle e gli richiese per la terza volta, il motivo per cui non era andata a lavorare, Jessica non voleva rispondere e si infastidì, gridando contro la sua ragazza:

Jessica: “Io ti sto parlando, e tu mi ripeti sempre la stessa domanda, mi vuoi ascoltare quando ti parlo?”

Jessica lanciò il tablet sul letto, arrabbiata andò in cucina a bersi un bicchiere d'acqua, Sandra la seguì, era anche lei arrabbiata per la reazione contro di lei:

Sandra: “Ti sembra il modo di rispondermi? Dopo tutto quello che sto facendo per te, mi tratti anche come una cretina? Io sto cercando di aiutarti e provo a capire tutto quello che ti sta accadendo”

Jessica: “Mi sono rotta il cazzo di tutti, hai capito? Mi fa tutto schifo, non voglio sentire niente, voglio solo il mio spazio, voglio stare sola e basta!!!”

Sandra: “Vuoi stare sola? Bene, allora prendo tutto e me ne vado, perché in questo periodo non mi stai più considerando, credo a questo punto, che sia finita tra noi due!!!”

Sandra piangendo, andò in camera e si chiuse dentro, lasciando Jessica in cucina che la guardava con le lacrime negli occhi.

La ragazza provò a bussare alla porta della camera, ma non riceveva risposta, così tentò di chiamare Sandra: “Scusa, non volevo, posso entrare così ti dico perché non sono andata al lavoro?” ma Sandra non gli rispondeva, era sul letto a piangere, la ragazza tentò ancora di chiederle se poteva entrare, senza ricevere nessuna risposta, provò ad aprire la porta.

Vide la ragazza sdraiata nel letto, girata sul fianco verso la finestra, Jessica unì le mani e con voce tremante rispose alla domanda di Sandra: “Non sono andata al lavorare, perché mi sono licenziata, il datore di lavoro ha abusato di me qualche giorno fa, ecco ora lo sai”

Sandra si girò verso di lei, spaventata dal racconto, si alzò dal letto, Jessica cominciò a piangere: “Ho avuto tanta paura, ho paura anche ad uscire di casa, e mi fa schifo tutto, sento ancora il suo odore sulla pelle, e mi viene la nausea”

Le due ragazze si abbracciarono, quella storia aveva sconvolto la calma tra loro due, Sandra si scusò con lei per le parole che gli aveva detto in quel momento di rabbia, mentre fuori il cielo si preparava a piovere, loro si guardarono negli occhi, e si promisero di non lasciarsi mai, e che si sarebbero aiutate sempre, l'una con l'altra.

La tazza posta sul tavolo, con il filtro della camomilla poggiato sul fondo, Sandra aprì una boccetta di Melatonina, e ne mise dieci gocce all'interno dell'acqua calda che aveva versato nella tazza, senza farsi vedere da Jessica.

Portò la camomilla alla ragazza, che si trovava sotto le coperte con il suo tablet acceso, stava ancora guardando quel forum, e scriveva alle persone, si davano consigli su come comportarsi quando si avevano quegli attacchi notturni, che ultimamente, per lei, si verificavano anche durante le ore diurne.

Sandra sorridendo, gli diede la tazza, raccomandandola di berla tutta, e rilassarsi, cercando di dormire, e staccarsi dal tablet.

Jessica: “Grazie amore, cercherò di riposare”

Sandra: “Io nel frattempo vado a farmi una doccia, poi vengo di qua”.

Mentre l'acqua calda accarezzava la pelle di Sandra, gli occhi di Jessica cominciarono a chiudersi, lasciando cadere il tablet dalle mani, appoggiandolo sul letto.

La ragazza si asciugò il corpo e si vestì, per uscire di casa, si affacciò nella camera dove dormiva Jessica, e chiuse lentamente la porta.

Scese giù nella cantina, prese una mazza da baseball che usava quando era più piccola, era pesante e ben rinforzata, si mise il cappuccio ed aprì la macchina.

Faceva freddo per essere Giugno, e la pioggia cadeva violenta sull'asfalto, poggiò la mazza affianco al sedile e mise in moto, le strade della città erano piene d'acqua e in alcuni punti, le auto andavano lente, per via della scarsa visibilità causata da quell'acquazzone.

Parcheggiò davanti al ristorante, fissava la porta d'ingresso, e si accese una sigaretta, aspettò che l'orologio segnasse le 23:30, poi prese la mazza che aveva sul sedile e scese dalla macchina, senza farsi vedere, la nascose dietro la schiena ed entrò nel locale, sapeva che a quell'ora avrebbe trovato solo il proprietario, lui era solito mandare via tutti i dipendenti, e rimaneva nel suo ufficio, pur lasciando la porta aperta del ristorante.

La campanella della porta, attirò l'attenzione di Franco, che si diresse nell'atrio, vide la ragazza, con il cappuccio, bagnata fradicia, bagnava tutto il pavimento, l'uomo alzò leggermente la voce, contro di lei: “Non vede che siamo chiusi, mi sta anche sporcando il pavimento”

Sandra si tolse il cappuccio, e guardò l'uomo: “Lavora una certa Jessica qui?”

L'uomo non sapeva cosa rispondere, e poi gli disse, che Jessica non lavorava più lì, e che si era licenziata, la ragazza si avvicinò a lui, e gli fece vedere la mazza che aveva nella mano destra, Franco la guardò negli occhi, spaventato, Sandra gli sorrise, ma nel suo cuore la rabbia stava bruciando il sangue: “Vedi brutto schifoso, io sono la sua ragazza”.

Sandra tirò un colpo in faccia all'uomo, che si coprì il viso con le mani, cadendo a terra dal dolore, lei gli tirò altri due colpi alle ginocchia, facendolo gridare come un matto: “L'hai violentata brutto figlio di puttana, meriti di morire, hai capito?”

L'uomo cercò di chiedere pietà alla ragazza, mettendogli le mani avanti nella speranza di fermarla, ma lei gli tirò una botta sulle mani, con la mazza, spaccandogli le ossa di alcune dita, e continuò a tiragli altre botte sulle ginocchia: “Io ti massacro, hai capito? Io ti massacro, schifoso di merda!!!”

L'uomo si mise a piangere dal dolore e supplicò alla ragazza di fermarsi, Sandra si mise a piangere, sedendosi su una sedia, con la mazza in mano, guardando l'uomo sofferente a terra, Franco la guardò con il viso sconvolto, e cercò di allontanarsi da lei: “Io non ho... mai sfiorato Jessica con un dito... non l'ho mai fatto, credimi, non l'ho mai fatto”

La ragazza si alzò furiosa dalla sedia e si inginocchiò davanti al viso dell'uomo puntandogli la mazza contro: “Non dire stronzate, o ti spacco questa faccia da culo che ti ritrovi”

Franco: “Te lo giuro, io non l'ho toccata, non ho mai fatto una roba del genere, ho moglie e figlie, non farei mai del male a nessuno”

Sandra gli sputò in faccia, si alzò da terra e si diresse verso la porta del ristorante, prima di uscire dalla porta, si girò verso di lui: “Chiudi la baracca, vattene, o ti sputtanerò davanti a tutta la tua famiglia, e i tuoi clienti del cazzo”.

Uscì dalla porta, lasciando l'uomo a terra, che con il viso sul pavimento si rimise a piangere dal dolore.




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Capitolo 9
Strane presenze





Sandra era di ritorno a casa, dopo che aveva vendicato la sua ragazza, teneva la mazza ancora sul sedile, non era preoccupata di ciò che aveva fatto, sapeva che l'uomo non l'avrebbe denunciata, per paura che lei, avrebbe detto le sue motivazioni.

Trovò l'unico posto libero per parcheggiare la sua auto, in fondo alla strada si vedeva il portone d'ingresso al suo palazzo, prese la mazza e scese dall'auto, la pioggia aveva cessato di cadere e il cielo risultava libero dalle nuvole, la luna era talmente brillante che illuminava tutto il quartiere, ma qualcosa nell'aria era diverso, chiuse le portiere con il telecomando e si guardò dietro le spalle, aveva la sensazione di avere degli sguardi su di lei.

Da dietro un angolo, vicino ad un semaforo, spuntarono fuori tre figure di uomini, che si misero a fissarla da lontano, uno di loro aveva una sigaretta tra le mani, non riusciva a vederli in faccia, l'ombra e la distanza non davano buona visuale.

Sandra, senza pensarci troppo, salì sul marciapiede e si diresse verso il portone, si girò per un attimo, a guardare i tre uomini, che cominciarono a camminare verso di lei.

Accelerò il passo, una pozzanghera gli bagnò le scarpe, affianco a lei il portone di un altro palazzo si aprì ed uscì un ragazzo, e lei si spaventò, gridando contro di lui, il ragazzo la guardò: “Scusa, non volevo spaventarti” Sandra si girò ancora verso i suoi inseguitori, ma non li vide più!

Arrivata al portone del suo palazzo, tirò fuori le chiavi, le sue mani erano agitate, e portava sempre lo sguardo a guardarsi le spalle, solo quando il portone si chiuse si sentì più sicura e di corsa, andò verso l'ascensore che era già lì ad attenderla, e prima che le porte si chiusero, vide da dietro il vetro del portone i tre uomini che la fissavano!

Un caldo intenso avvolse il suo corpo, un brivido lungo la schiena, forse erano stati mandati dall'uomo che aveva picchiato al ristorante, volevano vendicarlo, era la soluzione più probabile, così pensava a cosa avrebbe fatto l'indomani, se prendere il telefono e denunciare l'accaduto, compresa la violenza su Jessica.

Entrata in casa andò a vedere subito Jessica, che dormiva ancora nel suo letto, notò il tablet acceso, la batteria lampeggiava, ma appena preso tra le mani disattivò lo screensaver, davanti a lei la prima pagina di un sito che parlava di sintomi notturni, meglio identificati come “Sintomi del limbo”.

Incuriosita si mise sul divano, attaccando alla corrente la spina della batteria, spense la luce, e lesse l'articolo.




“I sintomi del limbo”


(Molte persone soffrono di attacchi di panico e ansia durante la notte, spesso accompagnati da una sensazione di soffocamento e pelle gelida, visioni e allucinazioni spaventose, si ha la sensazione di sprofondare nel pavimento, si cade in una sorta di ipnosi, il paesaggio diventa nero e freddo.


Molti soggetti riescono a percepire delle luci, che entrano dalla finestra, dalla televisione, o direttamente da fonti come lampadari, lampade, oggetti elettronici.


Alcuni soggetti tentano di chiamare aiuto ma vedono le persone che hanno intorno dormienti, e prive di sensi, e mentre il tempo passa, davanti a loro, appaiono immagini di persone. 


Chiamato sintomo del limbo, perché si ha la sensazione di entrare in una dimensione diversa dalla nostra, e il nostro corpo continua a precipitare nel terreno, come se si cade in un limbo profondo e scuro.


Molti soggetti, durante queste notti, hanno comportamenti irritanti, nervosi, spesso sono arrabbiati con il mondo, ogni cosa davanti ai loro occhi, diventa sbagliata, cadono in depressione e si sentono agitati e tristi, non vogliono sentire parlare delle cause, e non vogliono essere visitati da dottori o assumere medicine.


Molti di loro cominciano ad avvicinarsi alla vita vegetariana, e provano amore e sentimenti per animali e la natura.


Spesso, il sintomo del limbo, è abbinato a rapimenti alieni)




Gli occhi di Sandra si chiusero improvvisamente, il tablet gli scivolò dalle mani e cadde a terra.

Jessica si alzò seduta nel letto, agitata e spaventata, intorno a lei era tutto buio, la luce del solito lampione era assente, l'orologio segnava le solite ore “03:15”.

Sapeva che ogni volta, in quell'orario, le visioni si presentavano davanti a lei, ma questa volta non sembrava uguale alle solite, notò anche l'assenza di Sandra, non era li con lei, scese dal letto e uscì dalla camera.

Attraversò il corridoio che portava in salotto, vide la sua ragazza sul divano, che guardava il tablet, le luci erano tutte spente, solo la luminosità dello schermo schiariva il volto di Sandra: “Sandra amore, non vieni a letto?” la ragazza non rispondeva, continuava a guardare lo schermo, ferma, senza mai cambiare pagina o muovere le mani, sembrava fatta di porcellana da quanto era ferma.

Jessica si sporse verso di lei e poggiò la sua mano sulla spalla della ragazza, al tocco, la testa di Sandra si staccò dal collo, cadendo a terra e spaccandosi in mille pezzi, proprio come una bambola di porcellana.

Jessica sconvolta si mise a gridare, mentre il corpo decapitato di Sandra, si alzò dal divano, restando in piedi in mezzo al salotto, dalla cucina uscì la bambolina che vide tempo fa, la stessa che vide nell'ufficio del suo dottore, come l'ultima volta, la bambola teneva i piedi sospesi in aria, e lentamente si avvicinava verso di lei.

Le gambe di Jessica divennero pesanti e cadde a terra, non riusciva a respirare e vicino a lei, aveva delle figure molto alte, che con le mani la toccavano ovunque.

Tentava di liberarsi da quelle persone, ma il suo corpo era come paralizzato, i suoi occhi si chiusero, e il buio avvolse tutto quello che aveva intorno.

Sandra si svegliò, un lato del viso era appoggiato alla spalliera del divano, si sentiva un po' stordita, qualcuno era affianco a lei, sul divano.

Quando si girò vide Jessica con la bocca aperta, completamente nuda, tentava di chiamare Sandra, la ragazza si spaventò e cercò di svegliarla: “Jessica, mio dio, svegliati, ti prego svegliati”.

Jessica si riprese, e vomitò sul divano del liquido verde, poi scoppiò a piangere, Sandra vide che la finestra del salotto era aperta, si alzò per chiuderla e soccorse nuovamente la ragazza, portandola in camera per rimettergli il pigiama che indossava prima di addormentarsi: “Perché ti sei spogliata, cosa stavi facendo?”

Jessica: “Non lo so, ho paura, mi fa male lo stomaco”

Sandra: “Adesso ti metto qualcosa, e ti porto in ospedale”

Jessica nel sentire quelle parole, si mise a gridare dalla paura, non voleva andare in ospedale, terrorizzata si mise sotto le coperte del letto, continuando a pregare Sandra, per non portarla in ospedale.

La ragazza tentò di togliere Jessica da sotto le coperte, tranquillizzandola e promettendogli di non portarla: “Ok, calmati, non andremo in nessun ospedale, non ora, ma dobbiamo fare qualcosa per questi tuoi dolori, non possiamo stare qui e fare finta di niente”.

Jessica si avvicinò al viso di Sandra:

Jessica: “Non voglio andare da loro, no voglio vedere nessun ago, nessuna luce ospedaliera, voglio restare chiusa in casa, capisci? Non voglio che mi tocchino, sto bene, sai... adesso sto bene”

Sandra: “Jessica, tu non stai bene, guardati, è tutto sbagliato”

Lo sguardo di Jessica terrorizzava Sandra, era come guardare una persona che parlava senza sapere ciò che diceva, come una schizofrenica, stringeva le mani di Sandra per non farla andare fuori dalla stanza, tentava di calmarla, ma lei continuava a parlare:

Jessica: “Stiamo qui, stiamo in casa, moriamo qui, insieme, se moriamo non possono più fare nulla.... che ne dici amore? Eh?”

Sandra: “Ok, però adesso ti preparò qualcosa di caldo, e ti rimetti a dormire, prometto che starò qui con te” Sandra sapeva che Jessica stava delirando, scottava, aveva la febbre altissima, uscì dalla stanza e preparò una sacca fredda da mettergli sulla fronte, e una tazza di camomilla.





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Capitolo 10
Qualcosa di importante



Sandra, seduta alla scrivania del suo ufficio, controllava la posta elettronica, l'azienda si occupava di pubblicare e impaginare libri, collaborando con importantissimi distributori e librerie Italiane, il suo compito, era di rispondere alle distribuzioni e gli artisti che scrivevano e chiedevano informazioni, gestendo anche gli ultimi arrivi e pubblicando, nel sito dell'azienda, le ultime uscite in vendita online e cartaceo.

Il suo collega Loris, gli portò una tazza di caffè, poggiandola sulla scrivania della ragazza che gli sorrise e lo ringraziò: “Grazie Loris, ne avevo proprio bisogno”

Loris: “Ti ho visto molto stanca, e ho pensato che ne avevi bisogno”

Sandra: “Sia lodata la caffeina”

Loris: “Come sta Jessica? Qualche novità?”

Sandra: “Diciamo che ora, è a casa con la febbre, abbiamo passato un periodo complicato, riguardo al suo passato, ma tra di noi è comunque tutto normale, cerco di stagli vicino il più possibile”

Loris: “Bene dai, speriamo si riprenda. Senti, visto che ho molte cose da raccontarti, se ci becchiamo per un panino dopo?”

Sandra: “Perché no? Vediamoci giù nell'atrio per le tredici”.

Mentre il suo collega si allontanava dall'ufficio, Sandra vide un uomo che guardava dalla finestrella di una porta, che si trovava sul fondo, la stanza era molto grande e faticava a vedere il suo volto.

Inizialmente nulla di strano, pensava, mentre lo guardava, a qualche visitatore estero, spesso entravano i visitatori per future collaborazioni, ma l'uomo la salutò, lei si alzò per andare a vedere chi fosse, ma lui se ne andò.

Sandra aprì la porta, trovandosi nel corridoio principale che portava verso le scale che finivano nell'atrio, ma non vide traccia di lui, passò una sua collega e gli chiese se conosceva l'uomo che poco fa, era davanti alla porta degli uffici: “Mi spiace Sandra, non ho visto nulla”.

Somigliava molto agli stessi uomini che l'avevano seguita la scorsa notte, mentre saliva in casa, così, scese la scalinata, guardandosi in torno, l'atrio era grandissimo, vedeva persone entrare e uscire dagli uffici, ma l'uomo, non era lì, come dissolto nell'aria!

Avvolta da mille pensieri, Sandra ritornò alla sua postazione, notando sulla scrivania un piccolo ciondolo argentato, con una cordicella molto fine, il ciondolo, raffigurava una stella, chiese hai suoi colleghi di chi fosse, ma nessuno sapeva rispondere, seduta con il ciondolo tra le mani, una sensazione di già visto avvolgeva la sua mente, quel ciondolo, era già presente in qualche situazione da lei passata.

Davanti ai suoi occhi, le immagini degli uomini che aveva visto quella sera, il ciondolo era al collo di uno dei tre inseguitori, mentre lei saliva l'ascensore, i tre la guardavano dal portone, ed è li che si accorse che uno di loro lo indossava.

Anche se il sole, filtrava dalle grandi finestre del bar, dove Sandra e il suo collega, erano seduti a pranzare, i suoi pensieri erano immersi nei giorni passati.

Loris: “Sandra, da amico ti dico che sono preoccupato per te, ti vedo spesso spenta e triste, non sei la solita pazza che ho conosciuto”

Sandra sorrise, poggiò la forchetta sul tavolo, e si pulì le labbra con il tovagliolo: “Il fatto è, che sono pazza, forse... più pazza di quando ci siamo incontrati, io amo davvero Jessica, ma i suoi problemi mi stanno davvero soffocando, voglio aiutarla, ma come? voglio disegnare il sorriso sul suo viso, e non so come tenere in mano il pennello. Lei è tutto per me, ma a volte mi chiedo, se sia giusto, quello che sto passando, o se sia sbagliato. Vorrei tanto sentirmi dire che tutto questo, è giusto, ma credimi, credimi che non è facile, non è assolutamente facile”

Loris: “Io non conosco Jessica, non ho ancora avuto il piacere di incontrarla, non saprei come aiutarti, ma da quello che mi hai raccontato, posso solo capire la situazione. Portala fuori, fate un viaggio insieme, andate da qualche parte, staccate la spina e provate a non pensare a nulla”.

Sandra: “Loris... ho la... sensazione, che qualcuno mi stia spiando e seguendo ultimamente, da quando ho picchiato il suo datore di lavoro, tre figure, uomini, mi hanno seguita fino a sotto casa, uno di loro indossava un ciondolo” Sandra tira fuori il ciondolo dalla tasca: “Questo, l'ho trovato sulla mia scrivania stamane, e prima che lo trovassi, un uomo spiava nei nostri uffici, guardando dalla finestrella della porta”

Il ragazzo la guardava incuriosito: “Hai picchiato il datore di lavoro della tua ragazza? Ti sei fatta giustizia da sola, sicura di non esserti messa in mezzo a qualcosa di più grosso, quel tipo potrebbe essere con le mani in pasta da qualche parte”

Sandra: “Io sinceramente non lo so, non lo so chi siano, ma sono davvero spaventata”

Loris: “Scusa Sandra, nella nostra azienda, entrano ed escono molti ospiti e visitatori, se qualcuno ha lasciato quel ciondolo sulla tua scrivania, potremmo chiedere agli uomini della sicurezza, di guardare il video della sorveglianza”

Arrivò al loro tavolo la ragazza di Loris, Lidia, il ragazzo si alzò per salutarla e la presentò a Sandra: “Ti presento la mia ragazza Lidia. Lidia, lei è Sandra, siamo colleghi di lavoro”

Lidia: “Molto piacere, Loris mi ha parlato molto di te, posso dire di conoscerti”

Le due ragazze si sorrisero, Loris tirò fuori il portafoglio, per pagare il conto ed offrire il pranzo: “Ti prego Sandra, permettimi di offrirti il pranzo, altrimenti mi offendo”

Sandra: “Cosa? No, non se ne parla nemmeno, non ti azzardare”

Loris: “Non cominciare a lamentarti, io ora devo scappare, devo accompagnare Lidia a fare un esame, tu finisci la tua bibita e l'insalata, tranquilla... e poi, ricordati, riguardo al discorso del video, prova ad andare a chiedere, vedi cosa riesci a fare”

La ragazza lo ringraziò, Loris pagò ed uscì dal locale, mentre Sandra rimase al tavolo a guardare il ciondolo che aveva tra le mani, nella sua mente un'idea, prese il bicchiere per bersi l'ultimo sorso di succo d'arancia rimasto, ed uscì dal locale.







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Capito 11
Dimmi chi era...



Sandra si decise ad andare nella stanza della sicurezza, una delle guardie la fece entrare, davanti a lei, una decina di monitor collegati alle telecamere di sorveglianza, poteva vedere i corridoi e gli uffici, compreso quello dove lavorava lei, notò, in uno dei monitor, il suo ufficio e la sua scrivania, chiese ad uno degli addetti, se poteva andare indietro di qualche ora, per verificare un fatto accaduto verso le 11:45, mentre l'addetto mandava indietro la registrazione, lei guardava attenta le immagini che scorrevano all'indietro.

Notò qualcuno che appoggiava qualcosa sulla sua scrivania, chiese alla guardia di rimandare a quel momento e di fermare l'immagine, guardava attenta quella persona, riusciva a vederla in faccia, era un uomo alto, pelato, indossava un cappotto lungo, e poggiava sulla scrivania il ciondolo che Sandra aveva trovato, chiese una copia di quel video, per portarlo alla polizia e identificare l'uomo, era lo stesso che qualche sera fa, l'aveva seguita fino a sotto casa insieme ad altre due persone.

Salì in macchina, prese il cellulare e cercò di chiamare Jessica a casa, il telefono squillava, e la ragazza fece passare un po' di tempo prima di accettare la chiamata:

Jessica: “Pronto Sandra! stai tornando a casa?”

Sandra: “Amore, arriverò più tardi, poi ti spiego, tu chiuditi a chiave in casa, e fino a quando non ti chiamerò sul cellulare per farmi salire, non aprire a nessuno, hai capito?”

Jessica: “Ma perché? cosa succede?

Sandra: “Non posso spiegarti adesso, è lunga, tu fai quello che ti ho detto, va bene?”

Jessica: “Si, però torna presto, preparo la cena tra poco”

Sandra la salutò e si diresse verso la centrale della polizia, aveva una copia della foto dell'uomo poggiata sul sedile, ogni persona ferma al semaforo o che attraversava la strada, lei la fissava, lo stesso per le auto che si affiancavano a lei, aveva quella sensazione continua, che qualcuno la stesse seguendo, non si sentiva sola, era come un incubo che stava crescendo sempre più, e quel ciondolo la spaventava, cercava di cogliere quel messaggio che si nascondeva in ogni suo dettaglio, in ogni sua forma, un significato nascosto in tutta quella situazione, assurda e fuori da ogni logica.

Parcheggiò l'auto davanti alla centrale, prese la foto e le sue cose, ed entrò, incontrando davanti a lei, uno dei poliziotti che lavorava li dentro:

Sandra: “Mi scusi, io dovrei denunciare un caso di stalking” il ragazzo la fece accomodare nella sala d'attesa, avvisandola che in quel momento erano già occupati con altre due persone, lei si mise seduta e ringraziò, aspettando il suo turno.

Tornata a casa Sandra chiuse la porta, Jessica uscì dalla cucina con il grembiulino, e la guancia leggermente sporca di farina, Sandra la guardò con un sorriso e chiese: “Cosa stai combinando?” Jessica stava preparando le focacce, fatte a mano, era una sorpresa, si misero sedute in cucina nell'attesa che le focacce fossero pronte:

Sandra: “Amore, devo raccontarti una cosa importante, perché penso che ci sia qualcosa che non quadri ultimamente”

Jessica: “Che succede? È qualcosa di molto grave?”

Sandra: “Io non so cosa sia grave o meno, so soltanto che ultimamente mi sento osservata e seguita, quando sono in giro, ed ho anche le prove di tutto questo, in ufficio, è entrato un uomo, che ha poggiato questo ciondolo sulla mia scrivania, e qualche sera fa, mentre tornavo a casa, lo stesso uomo con altre due persone, mi ha seguita fin sotto casa...”

Jessica prese il ciondolo tra le mani, e lo guardava, mentre ascoltava la storia di Sandra: “E' davvero bello questo ciondolo, cosa stanno cercando di dirti?”

Sandra: “Vogliono mettermi paura Jessica, c'è una cosa che non ti ho detto, vedi... ho fatto visita al tuo datore di lavoro, e gli ho dato una lezione”

Jessica: “Cosa?!?! che hai combinato Sandra, ti prego dimmelo”

Sandra: “Jessica, io non ci sto capendo più nulla, mi racconti cose, avvenimenti, ma sembra di brancolare nel buio, sono andata da lui e gli ho dato una lezione, perché ti ha fatto del male, e se permetti, io ti amo e non sopportavo l'idea...”

Jessica: “Tu hai fatto questa cosa senza dirmi nulla? Ti rendi conto di quello che hai fatto? Quell'uomo è pericoloso, potrebbero farci qualcosa, capisci?”

Sandra: “Non farà nulla amore, non farà proprio nulla, se solo osa farci del male è fottuto, fidati di me”

Il forno avvisò tramite un suono che le focacce erano pronte, Jessica si alzò per tirarle fuori e metterle sopra un vassoio, le mise sul tavolo e prese una coca cola dal frigo.

Prese una focaccia e la mise nel suo piatto, guardò Sandra negli occhi e gli parlò di quanto gli stava succedendo: “Quando mi hai detto, poco fa, di quelle persone che ti hanno seguita, ecco... anche io ultimamente mi sento osservata, quando sono fuori, e ultimamente, anche quando sto affacciata al terrazzo... spesso anche quando sono sola in casa! Sandra, che cosa ci sta succedendo?”

Sandra: “Forse siamo solo stressate, ci serve una vacanza, che cosa ne pensi? Possiamo provare a cercare su internet, qualcosa che possa piacerci!”

Jessica sorrise, e addentò la sua focaccia calda!






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Capitolo 12

Scomparsa nel buio




Jessica si trovava in un supermercato, trascinava il carrello della spesa mentre guardava gli scaffali dei prodotti in scatola, afferrò incuriosita una scatola di carote e piselli, la scritta “Novità” catturò la sua attenzione.

Ne prese due confezioni e le mise nel carrello, intorno a lei calò il silenzio, dove prima c'era gente, ora era deserto, non si sentiva volare una mosca, le cassiere erano sparite e le voci delle persone inesistenti, la musica smise di suonare dai diffusori, guardandosi intorno, girando i vari reparti, si accorse che era completamente sola, quando decise di recarsi verso l'uscita, qualcuno chiamò il suo nome: “Jessica... resta qui”.

Una ragazza uscì da dietro uno scaffale, era vestita uguale alla bambola che la perseguitava tempo fa, con lo sguardo incredulo lasciò il carrello e cercò di scappare fuori dal supermercato, ma davanti all'uscita si trovavano altre tre ragazze, anche esse identiche alla bambola.

Jessica capì subito di trovarsi in un altro dei suoi terribili incubi, ma questa volta, anche se chiudeva gli occhi, non riusciva a scappare, dietro di lei, una di quelle presenze, la colpì con un bastone dietro al ginocchio destro, facendola cadere a terra, si stringeva la gamba dal dolore, e le ragazze, velocemente, la circondarono, accovacciandosi a cerchio, vicino a lei.

“Jessica, sei bellissima” una di loro gli afferrò le braccia, mentre un'altra gli slacciò e sfilò i pantaloni, gli sfilarono anche gli slip e gli aprirono le gambe, la ragazza non riusciva a gridare, aveva la bocca tappata da una delle mani di quelle ragazze, il freddo del pavimento gli colpiva la schiena, e sentiva i loro capelli e fiati, sopra la sua pelle.

Arrivarono anche altre donne, vestite uguali, che cominciarono a baciare e leccare il suo corpo, molte volte, gli toccavano la vagina facendogli penetrare anche le dita, davanti a lei, una donna teneva in mano qualcosa di strano, grande come un bambino appena nato, era come una larva rosa, gli occhi grandi e neri di quella creatura, spaventavano Jessica, il cuore batteva così forte dalla paura che si mise a vomitare, sporcando la mano di chi gli tappava la bocca, si sentiva soffocare, ma quella donna, avvicinò la creatura alla sua vagina, con quella testa scivolosa, cominciò a spingere, per entrare dentro di lei, tutte quelle donne, guardavano la creatura entrare dentro la ragazza, il sangue sporcava il pavimento bianco del supermercato, le donne sparirono improvvisamente, e Jessica gridò dal dolore e dalla paura, stringendosi la pancia.

Tutto intorno a lei divenne buio, e i suoi occhi, si svegliarono nella sua stanza, una luce intensa penetrava dalla finestra, si girò verso la porta della stanza, dove si trovava Sandra, che con le lacrime agli occhi la guardava spaventatissima...

Sandra: “Jessica, scappa, dobbiamo uscire di qua”

Sandra venne spinta fuori dalla stanza, da una forza invisibile, la porta si chiuse, e lei, cercò di riaprirla con la forza: “Jessica!!! esci di qua, ti prego!!!” tentava in tutti i modi di aprire la porta, mentre le grida di Jessica graffiavano sulla sua pelle, Sandra venne tirata dai suoi capelli e trascinata fuori dal suo appartamento.

I pugni sulla porta, le grida di aiuto, fecero uscire fuori le persone del suo pianerottolo, tentavano di aprire la porta del suo appartamento, ma qualcosa la teneva ben salda, quando poi, improvvisamente, la porta si aprì, lo sguardo della ragazza guardò le finestre del salotto completamente spalancate, i mobili distrutti, e la porta della camera buttata nel corridoio, corse subito a soccorrere la sua ragazza, ma Jessica, sembrava sparita nel nulla.

Sandra si buttò a terra a piangere, guardandosi intorno, le finestre della casa erano tutte aperte, i vetri rotti e le tende che danzavano dal vento, sotto gli occhi increduli dei suoi vicini, che tentarono di tranquillizzarla.







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Capitolo 13
Cercare la verità




Sono passate due settimane dalla scomparsa di Jessica, Sandra non si dava pace a cercare la sua ragazza, i telegiornali parlavano della storia, la polizia mobilitata, ma nessuno riusciva ad arrivare ad una conclusione concreta, Sandra spesso, aveva la sensazione di brancolare nel buio, non si trovavano strade o novità, riguardo all'accaduto, solo quel diario che Jessica scriveva e quel ciondolo tra le mani, che poteva raccontare tutto ma non aveva la voce, o le giuste parole per farlo.

Sistemato l'appartamento, Sandra con lo sguardo rivolto al soffitto, stringendo tra le mani, uno dei cappellini di lana di Jessica, sentiva il vuoto in quella casa, così silenziosa, tutto si era calmato, con la sua scomparsa si dileguarono anche i mille problemi che si univano giorno per giorno, nella vita delle due ragazze.

Il campanello della sua porta suonò, Sandra si alzò dal divano e andò verso la porta: “Chi è?” la voce di un uomo giovane esclamò: “Scusi il disturbo, mi chiamo Roberto, sono qui per il caso di Jessica”.

La ragazza aprì la porta, davanti a lei un uomo giovane, vestito molto elegante, teneva un libretto in mano, e gli occhiali da sole che sporgevano dal taschino della giacca nera che indossava: “Salve, devi essere Sandra, io sono Roberto Borghini, sono stato incaricato a investigare sul caso di Jessica Pasquale... posso entrare?” Sandra lo guardò per un attimo, indecisa se farlo entrare o meno, si fidava poco delle persone dopo quell'accaduto, ma riuscì comunque a farlo accomodare in casa: “Scusi il disordine, sono stata poco bene in questi giorni”.

Il ragazzo si mise seduto sul divano, con una penna in mano e il libretto poggiato sulle gambe: “Vuole qualcosa da bere, del succo di frutta o una bibita fresca?” il ragazzo sorrise: “No, grazie, toglierò subito il disturbo, vorrei solo farle qualche domanda”.

Sandra, seduta sulla poltrona affianco al divano, guardò il libretto di Roberto:

Roberto: “Tranquilla, vorrei solo capire alcuni punti, che potrebbero aiutarmi con le indagini, sempre se si sente di rispondere”

Sandra: “Si certo, come le ho detto, sono stata poco bene in questi giorni, sono ancora molto disorientata riguardo a tutta la situazione”

Roberto: “Mi spiace molto... lei, seguiva Jessica quando andava alle sedute del suo psicologo? Ha mai parlato con il Dottor. Daniele Cerutti?”

Sandra: “Non ho mai avuto modo di parlare con il suo medico, erano incontri suoi personali, e non mi sono mai azzardata a parlare di Jessica con lui. Ma come mai questa domanda?”

Roberto chiuse il libretto, e smise di scrivere: “Ecco Sandra, secondo la sua testimonianza, riguardo alle persone che hanno conosciuto e incontrato Jessica, non risulta nessun Daniele Cerutti, qui a Firenze, ne esistono molti nell'album medici, ma non si trovano qui in città, lei è sicura che Jessica andasse realmente da questo medico, o forse il nome da lei testimoniato non è corretto, può succedere!”

Sandra cominciò ad innervosirsi, si alzò dalla poltrona e guardò fuori dalla finestra accendendosi una sigaretta: “Lei sta dicendo, che mi sono inventata il nome del suo medico? Come si permette?”

Roberto: “Non sto assolutamente dicendo questo, ho solo pensato che avesse sbagliato il nome, abbiamo controllato in tutti gli studi della città e provincia, non esiste nessun medico con questo nome”

La ragazza si girò verso di lui, con occhi lucidi e una leggera rabbia sul suo volto: “Sono due settimane, che continuano a dirmi se conosco questo o quest'altro, io non mi sono mai messa in mezzo alle conoscenze della mia ragazza, mai... ha capito?”

Roberto si alzò dal divano, e rimise la penna nella tasca del pantalone: “Capisco la sua frustrazione, ma se ha dei dettagli importanti da fornirci, se ha delle persone che potrebbe conoscere, deve dircelo... il datore di lavoro di Jessica, che ci ha fornito, dice che nessuna ragazza con questo nome, ha mai lavorato in quel locale”

Sandra: “Certo, perché un uomo con la denuncia di violenza, verrebbe a dire a voi della polizia, che Jessica, scomparsa nel nulla, ha lavorato nel suo locale e se le scopata nel suo ufficio... mi sono stancata oggi, la pregherei di uscire da casa mia”

L'uomo diede un bigliettino da visita alla ragazza: “Se le viene in mente qualcosa, può chiamarmi a qualsiasi ora della giornata, è importante sapere il più possibile riguardo alle conoscenze e le amicizie di Jessica... con permesso”

Sandra guardava il bigliettino, mentre Roberto si avvicinava alla porta, lei lo fermò: “Aspetti, c'è una persona, molto amica di Jessica, è un ragazzo si chiama Francesco Abete, abita in Via Nazionale, al 16”.

La ragazza aprì la porta, e Roberto la ringraziò uscendo fuori dalla porta: “Grazie Sandra, appena saprò qualcosa la chiamerò al numero che ha lasciato alla centrale”.

Sandra sorrise e chiuse la porta, non aveva voglia di parlare con nessuna persona, tutto il mondo intorno a lei, si stringeva, e tutto sembrava soffocarla, in quel turbine di confusione e pensieri che non avevano fine.

Dalla cucina prese una pastiglia di melatonina con un bicchiere d'acqua preso dal rubinetto, si rimise sul divano, con le lacrime negli occhi e il sorriso di Jessica che appariva ogni minuto della giornata davanti ai suoi occhi, mancava il suo calore, mancava, il battito del suo cuore, i passi a piedi nudi in giro per casa, e gli abbracci, spontanei che lei gli dava, il profumo dei capelli appena lavati sul suo viso.

Mancava la sua anima e i suoi occhi grandi, che guardavano il mondo , così come lei lo sentiva, diverso da tutti, quella diversità di pensiero che a Sandra affascinava ogni minuto della sua giornata.







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Capitolo 14
Sparizioni improvvise






Diario di Jessica 29 Giugno 2010

“Il mondo, così come lo conosciuto, non mi piace. La vita è noiosa e si fanno sempre le solite cose, a volte sogno mondi diversi da questo, lontano dalla nostra galassia, quella sensazione di paura che avverto inizialmente si trasforma in piacere e sicurezza. Ogni mio pensiero si azzera, ogni mia tensione si disattiva, e loro... loro mi tengono per mano, non so chi siano ma sento, che mi ascoltano anche se la mia bocca rimane in silenzio! Guardando fuori da quella finestra circolare, la terra mi sembra ogni volta sempre più piccola, in confronto a questo bellissimo pianeta, i loro grattacieli sono davvero grandi, e come se... le loro città fossero tutte all'interno di queste grandi torri, circondate da un verde meraviglioso e un cielo azzurro, sorvolato da grandi navi e creature volanti, che non fanno del male a nessuno... le torri, a guardarle fanno paura, e la loro lunghezza arriva a chilometri verso il cielo, e in larghezza.

Mi chiedo, ogni volta che le guardo, se su questo pianeta, ci siano altre torri più grandi, perché io, ogni volta, vedo sempre le stesse!”




Queste parole vennero lette da Sandra, mentre si preparava ad uscire di casa, il diario di Jessica, racchiudeva sensazioni ed esperienze fuori da ogni logica, scritte con realtà, ed ogni sensazione era palpabile e vissuta.
Il cellulare squillò nella sua tasca, lo prese e guardò la chiamata, il numero segnato era “56675885444”, il suo sguardo era incredulo, chi poteva avere quel numero così strano, senza un prefisso?! Accettò la chiamata e rispose al telefono, attivando la registrazione, e con grande sorpresa, la voce che si trovava dall'altra parte era di Jessica:


Registrazione ufficiale della chiamata:


“Sandra... Sandra, sono... la stanza è grande... fuori... mi trovo in alto ed è tutto strano qui... mi hanno presa... è troppo lontano, non so perché io... ma mi stanno proteggendo! Ti amo”

Sandra con le lacrime agli occhi, chiuse la chiamata, guardò il bigliettino di Roberto poggiato sopra il mobiletto del salotto, salvò la registrazione e andò di corsa da lui.

Insieme, ascoltarono la registrazione del cellulare, era quasi impossibile arrivare ad una conclusione valida:

Roberto: “Questa chiamata, mi confonde, non saprei da dove cominciare, abbiamo il numero che potremmo provare ad identificare, sperando che dia almeno una traccia, ma a sentire le parole di Jessica, non sembrerebbe in pericolo.”

Sandra: “Non sembra in pericolo, ma dobbiamo assolutamente trovarla, chiunque l'abbia presa, dovrà vedersela con me. Potrebbe essere stata indotta a dire queste parole semi rassicuranti, io sono sempre dell'idea che qualcuno, si stia prendendo gioco di me.”

Roberto: “Rintracciare il numero, questo è l'obbiettivo primario, potrebbe essere anche il numero di qualche servizio telefonico online.”

L'uomo tirò fuori il suo cellulare, Sandra vedeva che stava scrivendo un messaggio, copiando nel messaggio, il numero di telefono che lei gli aveva fornito:

Roberto: “Vorrei provare un'alternativa, Sandra... la storia di Jessica, combacia su alcuni casi che studio da anni, insieme ad un gruppo di persone, vorrei portarti lì a vedere di cosa si tratta, e ne approfittiamo per dare questo numero, ad una persona mia fidata... andiamo?”

Sandra lo guardò pensierosa, e poi accettò la proposta, ormai le stava provando tutte pur di ritrovare la sua fidanzata, ogni tentativo, ogni proposta per cercarla, per lei, era una ventata di aria fresca, nella speranza che, ogni nuovo tentativo sia una porta aperta per una strada nuova.

I tentativi, sono sempre ben accetti nella vita, e lei lo sapeva sempre, ogni tentativo sprecato era una croce in più nelle proprie conoscenze, ed ogni verità viene seppellita, e non voleva che accadesse anche con Jessica, quella sparizione aveva bisogno di una risposta, ogni sua domanda, aveva bisogno di una risposta, e ritrovare lei, era l'unico traguardo che dava un senso alla sua vita di quei giorni, perché senza Jessica, la sua anima non era la stessa, l'assenza di un motivo per continuare a vivere, e guardare i giorni che la svegliavano la mattina...

Jessica doveva essere trovata, e lei, avrebbe fatto di tutto per arrivare alla fine di questo mistero!

Arrivarono con l'auto sopra le montagne, un luogo insolito per riunirsi e fare ricerche, come se questo gruppo fosse segreto.

Parcheggiarono l'auto davanti ad un bosco, dove si trovava un piccolo sentiero, scendendo dall'auto Roberto invitò Sandra a seguirlo, tenendo tra le mani una torcia per seguire il sentiero.

La ragazza si guardava in giro, ed era molto timorosa: “Come mai siamo venuti qui? è tutto così buio e insolito” l'uomo gli puntò la luce sul viso: “Non crederai mica che voglia farti del male eh? Quando vedrai dove stiamo andando capirai perché si trova così fuori dal mondo. Ora seguimi e stai attenta a dove metti i piedi.”

I due camminarono per circa quindici minuti, arrivarono davanti ad un muro con un portone pieno di piante arrampicanti, Roberto mandò un messaggio, e il portone si aprì, ad attenderli si trovava una ragazza con gli occhiali da vista, vestita elegante.

Sandra la guardava, sembrava una segretaria o qualcosa di simile, entrando il portone si chiuse dietro le loro spalle, e un'ascensore davanti a loro si aprì, i tre salirono ed arrivarono giù, in una sorta di corridoio larghissimo, e una ventina di uffici, lavoravano parecchie persone, e dalle finestrone che dividevano gli uffici al corridoio, si trovavano computer e un monitor molto grande, in questo monitor venivano trasmesse delle mappe, con dei punti rossi che lampeggiavano, Sandra notò che ogni volta che un punto rosso, appariva sopra quel grande monitor, alcuni addetti che guardavano questi segnali, si agitavano esclamando: “Eccone un altro!!!” e mandavano la segnalazione alla stanza accanto!

Roberto portò Sandra dentro ad una stanza piena di computer, davanti a loro si trovava un bancone ed un tipo molto stravagante, vestito di rosso, e i capelli brizzolati, era molto grande di età, ma molto sveglio e sapeva, dove toccare, in quella stanza piena di tastiere e monitor.

Sandra a bassa voce si avvicinò a Roberto: “Ma che razza di posto è questo? Dove siamo?”

Roberto: “E' il mio secondo lavoro Sandra”

L'uomo stravagante si avvicinò a loro e si presentò alla ragazza: “Buona sera bellissima ragazza, sei davanti a Maurizio Velieri, tu sei Sandra? Roberto mi ha raccontato del tuo caso, l'ho pregato di portarti subito qui, per risolverlo”

Sandra: “Molto piacere Maurizio, mi spiace deluderti, ma non so chi sei, ad ogni modo, siete per caso un'associazione segreta?”

Maurizio: “Segreta, nascosta, silenziosa e inesistente, si... lavoriamo per conto nostro, ho messo su io tutto questo, e se Roberto non ti ha parlato di cosa facciamo qui dentro, è per evitare che tu declinassi l'invito... scambiandoci per pazzi. Solo guardando con i propri occhi, puoi capire se ciò che hai davanti è reale, o pure una semplice invenzione”

Sandra: “Quale sarebbe questa verità?”

Roberto: “Sandra, la tua storia di Jessica, è perfettamente lineare ad alcuni dei cento casi che ogni anno nel mondo, accadono a persone di vario genere...”

Maurizio: “Rapimenti Sandra, rapimenti che non avvengono come tutti gli altri...”

La ragazza prese una sedia per sedersi, guardava i due uomini, i suo occhi cercavano la verità, dentro quella stanza la sua mente, cercava una visione reale, di quello che gli stavano dicendo, collegando ogni fatto di quando Jessica era presente in casa, dai giorni che raccontava sul suo diario, ai sogni, così particolari, che invadevano le loro giornate insieme.

Sandra: “State dicendo che... Jessica, è stata rapita da Alieni? Questo state dicendo?”

Roberto: “Non per forza Alieni, Sandra, potrebbe esserci qualcosa di più”

Maurizio: “Credo che tu non abbia mai sentito parlare del progetto MKULTRA, messo in atto nel 1953 da Allen Dulles, direttore della CIA, consisteva nel studiare un modo per controllare la mente delle persone e trasformarle in assassini o altro, questi esperimenti andarono avanti per anni, e vennero fermati solo nel 1973, si dice che molti documenti sono stati distrutti, e che non vi è più traccia degli svolgimenti e meccaniche di questo progetto! Causavano in loro, allucinazioni e sogni, che portavano i soggetti a credere, che tutto fosse reale...”

Sandra: “Ma... Jessica non ha mai avuto istinti omicidi, perché scegliere lei, e chi l'ha rapita?”

Roberto: “Molti rapimenti Ufo, sono opera dell'uomo Sandra, per questo pensiamo che Jessica, sia stata rapita da persone che vivono su questo pianeta, e la modalità di rapimento e la stessa che viene usata per i soggetti ad esperimenti scientifici”

Maurizio inserì il numero sospetto, all'interno di un software per controllarne l'origine e la provenienza, sul monitor cominciarono ad apparire delle scritte, Sandra non capiva cosa stesse guardando, mentre i due uomini attendevano il risultato della ricerca.

Il computer e le luci si spensero, e tutta la struttura rimase al buio, si accesero alcune luci di emergenza verdi, mentre Sandra si alzò dalla sedia spaventata: “Cosa sta succedendo?”

Maurizio: “Stiamo calmi, deve essere saltato il generatore, qualche sovraccarico di corrente, succede”

Roberto invitò a restare in silenzio, negli uffici accanto non si udiva più nulla, come se tutti fossero spariti, ogni tanto il rumore di qualche oggetto che cadeva a terra, o una sedia muoversi, Sandra dalla paura si tappò la bocca, e guardava i due uomini terrorizzata.

Maurizio camminò lentamente verso la porta, allungando il braccio per aprirla, senza fare troppo rumore, guardando il buio corridoio per vedere se riusciva a intravedere qualcuno, mettendo un po' a fuoco, vide una figura ferma nel mezzo, ma non riusciva a capire chi fosse, lo guardava, senza muovere un muscolo, così, decise di chiudere la porta a chiave:

Maurizio: “Credo, che non siamo più al sicuro qui dentro, ci hanno trovato”

Sandra: “Chi ci ha trovato? Di cosa stai parlando?”

Roberto: “Ci ha trovato la risposta a tutte le nostre domande”

Un colpo fortissimo da dietro la porta, qualcuno voleva entrare lì dentro, Roberto e Maurizio spostarono in due un mobile, dietro si trovava una porta di metallo, con un codice, dissero alla ragazza che quella era l'unica via di emergenza, per uscire dalla struttura.

Aprirono la porta, un lungo tunnel buio, portava verso la superficie, corsero via spaventati verso l'uscita, anche se non sapevano cosa avrebbero trovato, una volta usciti di lì.

Arrivati alla fine, Sandra cadde a terra, mentre i due uomini, vennero sollevati in aria da una luce bianca, lei li guardò andare via velocissimi, le loro grida divennero sempre più lontane, mentre la ragazza, perse i sensi, appoggiando la testa sul terreno.





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Capito 15
Non sono pazza





Gli occhi di Sandra si aprirono, aveva le braccia bloccate da dei lacci marroni in cuoio, mentre la luce di una piccola torcia, nelle mani di un'infermiera, gli controllava le pupille, era all'interno di una stanza ospedaliera, indossava un camice bianco, e dalla finestra, poteva vedere le luci della città.

Aveva ferite in tutte e due le braccia e le gambe, e ai piedi del letto, un medico la guardava, mentre si svegliava.

Cercò di muovere le braccia, ma erano bloccate: “Chi siete? Cosa mi state facendo?”

Il medico si avvicinò a lei: “Sandra, sono il Dottor Lanzi, sei stata portata qui da una copia di anziani che ti ha trovata sul ciglio di una strada, nuda, e piena di ferite e sangue. Ti abbiamo soccorsa con codice rosso, abbiamo fatto esami e lastre, e pulito le ferite, non ti sei accorta di nulla, eri sotto shock, e molte volte perdevi i sensi... sei solo riuscita a dirci il tuo nome. Ma a quanto vedo ora, ti sei ripresa”

Sandra: “I miei vestiti? Dove sono i miei vestiti?”

Lanzi: “Purtroppo non avevi nessun vestiario, sarebbe opportuno se tu chiamassi qualcuno”

Sandra: “Voi non capite, dovete chiamare subito la polizia, delle persone sono scomparse stanotte, io sono svenuta mentre le portavano via”

Lanzi la guardava, molte cose non erano chiare: “Sandra, sei qui dentro da tre giorni ormai, ieri notte, non è successo nulla, eri qui dentro”

La ragazza guardava l'orologio sulla parete, segnava le 3:45 della notte, non poteva credere che erano passati già tre giorni da quella sera, aveva ancora davanti ai suoi occhi l'immagine dei due uomini che venivano sollevati dalla luce bianca, e il rumore di passi, vicino al suo viso, dopo che stava perdendo i sensi.

Qualcuno l'ha spogliata e portata su ciglio della strada: “Che giorno è oggi?” il medico rispose, poggiandogli la mano sul polso, per controllare i battiti del cuore: “Oggi Sandra, è Lunedì quattro Agosto”.

Per Sandra, quella risposta, era un brivido gelido lungo la schiena, si ricordò che, quando uscì di casa, la sera della tragedia con Roberto, era Martedì venti Luglio, era rimasta all'incirca quindici giorni, da qualche parte, priva di sensi.

Il medicò, slegò la ragazza, liberando le braccia, Sandra si mise seduta nel letto, la testa girava forte, e si sentiva molto debole.

Lanzi: “Domani, avremo i risultati degli esami, la polizia, è già stata qui, nella speranza di vederla sveglia, e farle delle domande, verranno domani nel pomeriggio, ora cerchi di riposarsi, se ha fame, le farò preparare qualcosa”

Sandra si rimise sdraiata nel letto, con lo sguardo rivolto verso la finestra: “No... non ho fame” il medico prima di andarsene, chiese a Sandra un numero di telefono di qualche parente, per informare sull'accaduto, e farle portare il necessario, la ragazza gli diede il numero dei suoi genitori, che abitavano a Firenze.

La mattina seguente, la ragazza aprì gli occhi, e vide entrare nella sua stanza la madre e il padre, sua madre, con le lacrime agli occhi, corse subito verso il suo letto per abbracciarla: “Dio mio tesoro, cosa ti è successo? eravamo spaventati” il padre gli prese la mano: “Come stai Sandra? Cosa ti hanno fatto?” la ragazza era ancora molto confusa, ma felice che i suoi genitori erano presenti in quel momento, sua madre gli aveva portato un paio di vestiti ed un pigiama: “Sandra, amore... il medico ci ha spiegato che dovrai restare qui in osservazione per un paio di giorni ancora, non vogliono dirmi nulla, e sono agitata... ti ho portato qualcosa da mettere, anche per la notte”.

Il padre si avvicinò alla moglie per cercare di calmarla: “Marisa, calmati adesso sei troppo agitata, siediti sulla sedia, Sandra sta bene come vedi”.

Sandra: “Si mamma, non ti agitare, io fisicamente sto bene, il fatto è che non mi ricordo cosa è successo, e sono molto nervosa...”

Marisa: “E di Jessica? Cosa hai saputo? Dio mio quella povera ragazza... mi sento distrutta”

Sandra: “Non ti preoccupare di questo, vedrai che la troveranno, non dobbiamo perderci d'animo, ho bisogno di persone forti attorno a me in questo momento”.

Il padre si avvicinò a lei, e la guardò negli occhi: “Sandra, vorrei solo dirti che, non voglio, per nessuna ragione al mondo, che tu prenda le decisioni sbagliate, andare a cercare Jessica da sola, è una mossa sbagliata. Il solo fatto che tu ora ti trovi in questo ospedale, è la risposta”

Sandra: “Papà, nessuno mi vuole più aiutare, mi danno della pazza... lo capisci questo? Jessica è li da qualche parte, sul mio telefonino ho anche un suo messaggio vocale”.

Nella stanza entrò un'infermiera che avvisò Sandra dell'arrivo di un commissario e della polizia, per fargli delle domande, la ragazza, si vestì, aiutata da sua madre, e raggiunse la stanza dell'incontro.

I suoi genitori aspettarono fuori, all'interno della stanza si trovava anche la psicologa, che invitò la ragazza a sedersi, davanti al commissario Giovanni Bertoni, un uomo distinto, apparentemente educato, al suo fianco si trovavano due poliziotti, e davanti a lui, su un tavolino, c'erano dei fascicoli e il telefonino di Sandra, dentro ad un sacchettino trasparente di plastica, insieme al ciondolo, che gli era stato fatto trovare sulla scrivania, sul posto di lavoro.

Sandra guardava incredula il sacchettino, si chiedeva come avesse fatto a perderli, e dove erano stati trovati.

Giovanni: “Sandra, questi sono stati ritrovati a poche miglia dal tuo ritrovamento, ricordi qualcosa? Di come sei finita in quello stato?”

Sandra: “Ero andata a cercare una speranza nuova, per ritrovare Jessica, insieme ad un vostro collega, Roberto Borghini, diceva di fare parte delle ricerche. Gli è successo qualcosa, e sono svenuta, non so dirle altro...”

Giovanni: “Signorina, non è stato mandato nessuno per le indagini private riguardo alla scomparsa di Jessica, e non esiste nessun, Roberto Borghini, nella nostra squadra, ne nella nostra caserma, o meglio, qui a Firenze, questo uomo, non risulta da nessuna parte”.

La psicologa cercò di parlarle, per riuscire a farla sbloccare: “Sandra, sicura che non fosse qualcuno che ti ha minacciata, e sei stata costretta a seguirlo?”

Sandra: “No! No, siete fuori strada, sono andata con lui, per andare a rintracciare il numero di telefono che Jessica ha usato per mandarmi un messaggio vocale... Mi faccia accendere il telefono, è ancora salvato”

Giovanni: “Il suo telefono, è stato controllato dalla scientifica, non c'è registrato nulla, nessun messaggio, nessun audio...”

Sandra: “Cosa? Non è possibile, questo non è possibile, ho anche i messaggi che ci mandavamo io e Jessica, i video, le foto... non è possibile!!!”

Giovanni: “Le assicuro che questo cellulare, è vuoto...”

La ragazza cominciò ad agitarsi, la situazione si stava facendo troppo pesante e strana, il cuore gli batteva forte, aveva la sensazione di trovarsi in una vita alternativa, ogni cosa che lei aveva fatto, era stata cancellata, ogni persona che aveva incontrato, non esisteva più, la psicologa Alex, gli mise una mano sul polso, dicendogli di calmarsi, Sandra guardava tutti negli occhi e poi di colpo, si alzò dalla sedia piangendo...

Sandra: “State cercando di nascondere la scomparsa di Jessica, non è vero? Mi volete far passare per pazza???”

Alex: “No Sandra, siamo qui per aiutarti a capire, e tu dovresti aiutare noi...”

La ragazza non volendo sentire ragioni, tento di scappare dalla porta di quella stanza, l'aria stava cominciando a diventare pesante e quelle persone, la mettevano a disagio, la psicologa invitò i poliziotti a lasciarla in pace, e la fece uscire dalla porta, seguendola nella sua stanza.

Sandra si buttò nel letto, sul fianco, con il cuscino tra le braccia, e le lacrime che bagnavano la stoffa, mentre la donna, si mise seduta vicino a lei, nel letto, cercando di tranquillizzarla.

Sandra: “Perché mi trattate tutti come una matta, io sto male, non sopporto più nessuno...”

Psicologa: “Non è l'intenzione di nessuno di farti sentire una matta, cercano tutti di aiutarti, stai passando un periodo particolare, molto intenso, queste persone vogliono solo il tuo bene”

Sandra si girò verso la psicologa: “Dicono e succedono cose che non mi convincono, succedono degli eventi, e loro, mi dicono che nulla è accaduto. Questo mi fa stare male, lo capisci?”

Psicologa: “Molte cose che racconti, sono molto confuse, per questo tentano di capire”

Sandra: “Sono confuse, perché dopo che accadono, io le ricordo a pezzi. Devo uscire da questo ospedale, devo cercare Jessica”

La psicologa si alzò dal letto, e sorrise alla ragazza: “Dirò ai poliziotti, di lasciarti in pace per oggi, quando sarai pronta e calma, potranno continuare... serve a te Sandra, serve a Jessica. Ma devi capire che se tu non collabori, nessuno può aiutarti a trovarla!”

Sandra: “Non posso collaborare se non credono alle mie parole” Sandra prese il polso della donna “Tu devi aiutarmi... devo uscire da questo ospedale... ti prego, queste persone non mi convincono” in quel momento entrò il commissario, la donna lo guardò e gli chiese di lasciare riposare la ragazza, e che avrebbero potuto continuare una prossima volta.

Lasciarono la stanza e rientrarono i genitori, Sandra fece segno a sua madre, di andare vicino al suo letto, Marisa si mise vicino a lei e la ragazza, sotto voce gli parlò: “Vai a casa mia, e portami il computer che si trova nella camera da letto, non ho le chiavi, ma papà può forzare la serratura... mamma ti prego, mi serve urgentemente” la madre annuì in silenzio, diede un bacio sulla fronte a sua figlia, ed uscì dalla stanza.







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Capitolo 16
Notte di sangue





L'orologio della camera, riempiva il silenzio con lo scoccare della lancetta dei secondi, Sandra era riuscita ad addormentarsi, la notte era ormai inoltrata, l'orologio segnava le 3:15, e una leggera aria, spostò il ciuffo che aveva davanti al viso, facendogli aprire gli occhi, svegliandola.

Guardò l'orario, e la stanza, il silenzio era calpestato dai passi di un'infermiera che passava fuori, nel corridoio, illuminato dalla luce della notte, si mise una mano sull'addome, un leggero bruciore allo stomaco la fece alzare dal letto, ad ogni respiro, il dolore si faceva sempre più intenso, quando poi, il suo respirò cominciò ad accelerare.

L'ansia gli prese le braccia, perdendo sensibilità anche nelle mani, non sentiva più il tatto e ogni suo arto diventava pesante, fino a quando la sua pancia non cominciò a gonfiarsi, un grido soffocato di dolore si sprigionò nella sua bocca, tentando di tenersi dalle lenzuola, il sudore gli coprì il viso, qualcosa si muoveva dentro di lei, riuscendo a sollevare il pigiama che indossava, vide la pelle muoversi, dentro di lei, qualcosa voleva uscire...

Le gambe gli si allargarono, e la sua vagina si dilatò, il dolore era fortissimo e dei capelli, cominciarono ad uscire da essa, tra le gambe, una ragazza cercava di uscire da dentro Sandra... La sua vagina divenne molto grande, e il sangue stava sporcando il letto, colava sul pavimento e nessuno, riusciva a sentire le sue grida di dolore, un male atroce avvolgeva il corpo.

Stava partorendo una ragazza, il cuore era così agitato che sembrava pronto ad esplodere, e la paura sul volto di Sandra, divenne più intenso, quando vide che quella figura, che usciva da dentro di lei, era Jessica...

La ragazza, una volta svuotata da quel male insopportabile, si mise a gridare dal terrore, Jessica era scivolata fuori, cadendo sul pavimento completamente nuda, e poi, si alzò, girandosi verso Sandra, aveva gli occhi completamente neri, e la faccia leggermente allungata, le ginocchia al contrario, e le sue braccia, si allungavano verso Sandra, come per toccarla: “Ti amo Sandra, non lasciarmi mai... mai!!”

Sandra, si svegliò tutta spaventata nel letto, gridando dalla paura, faticava a respirare, una delle infermiere di turno entrò nella stanza cercando di tranquillizzarla: “Calmati Sandra, è un attacco di panico, respira piano, guardami negli occhi e respira piano” la ragazza lentamente riuscì a calmarsi, e continuava a guardarsi tra le gambe, l'infermiera non capiva cosa stesse guardando: “Cosa c'è? Ti fa male da qualche parte?”.

Sandra si rimise sul fianco, tremante, e le lacrime agli occhi, guardando fuori dalla finestra, la luna piena, che puntava e illuminava la stanza.







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Capitolo 17
Lacrime




La madre di Sandra, Marisa, portò il pc che sua figlia gli aveva chiesto, la ragazza attaccò subito la spina, per tenerlo sotto carica, e lo accese subito, sua madre la guardava, aveva il viso pallido e gli occhi, erano molto gonfi, era molto preoccupata per sua figlia, aveva paura che si ammalasse, quella storia gli stava facendo perdere la testa.
Sandra trovò dei file sul suo pc, delle foto che Jessica aveva caricato con il telefonino, una di quelle foto, riportava la bambola che Jessica aveva fotografato nello studio del suo psicologo, girò il monitor verso Marisa, e gli spiegò ogni cosa, riguardante quella bambola: “Questa mamma, questa bambola, la fotografata Jessica nello studio del suo psicologo, capisci? Quello studio esiste, lo psicologo esiste, e loro continuano a dirmi che di questa persona non c'è traccia!!!”

Marisa: “Sei sicura che questa foto venga dallo studio di un medico?”

Sandra: “Io... non lo so, ma, lei mi ha detto che questa bambola l'ha fotografata lì, Jessica non racconta stronzate... io non lo so, non ho mai visto questo studio, ma mi fido! Questo uomo, si è anche preso gioco di lei, dicendogli che lui, non ha mai avuto questa bambola”

La psicologa entrò nella stanza, scusandosi per aver interrotto la conversazione, informando Sandra di essere riuscita a farla dimettere dall'ospedale: “Sono riuscita a farti uscire, ho detto che ti avrei seguita nel mio studio, e che pensavo io a tutto, puoi vestirti e uscire, sei libera”.

Sandra si alzò dal letto e abbracciò la donna, la madre la ringraziò e aiutarono la ragazza a raccogliere tutte le sue cose, non gli sembrava vero che poteva finalmente tornare a casa, anche se i pensieri camminavano dentro di lei, il poter ridare la sua pelle al calore dei raggi del sole, la rendevano felice: “Non so proprio come ringraziarti, qui dentro stavo diventando matta”

Psicologa: “Ricordati che, vorrei seguirti, ne hai bisogno credimi, se metti tutto il tuo impegno, riusciremo ad arrivare alla fine di questo incubo”

Sandra: “Io ci provo, ma ho paura che questo incubo, non finirà mai.”

Arrivata a casa, si mise a guardare le stanze, poteva sentire ancora il profumo di Jessica, quando usciva dal bagno con l'odore del suo bagno schiuma preferito, i suoi genitori l'abbracciarono, e la invitarono a trasferirsi a casa loro, per un periodo di tempo, fino a quando quella storia non si concludeva, ma Sandra rifiutò l'invito: “Credo che restare qui, mi faccia bene, devo riuscire a superare ogni cosa”.

I mesi passavano velocissimi, Jessica non si riusciva a trovare, i giornali e le televisioni non parlavano più di questo caso, e la polizia, spesso, prendeva in mano le ricerche una volta ogni due mesi, nessuno si impegnava più a cercarla, quando un giorno, alla porta di Sandra, bussarono due poliziotti, accompagnati dal commissario, dandogli la brutta notizia, avevano trovato il corpo di Jessica in un fiume, vicino alle campagne, il viso era irriconoscibile, era spaccato a metà, il corpo, quel corpo che gli fecero guardare in caserma, era pieno di lividi, magro, secco... Sandra scoppiava in crisi e pianti fortissimi.

Quelle ore, quei momenti, sembravano laceragli lo stomaco, una lama intensa, che gli provocava dolore, Jessica era morta, ma lei, era sicura che quella non era Jessica, anche se i giornali e le televisioni chiudevano il caso, la ragazza era morta, così anche la polizia chiuse il caso, nessuno voleva più sapere di quel fatto, restava solo da capire, chi avesse ucciso quella ragazza, e dove fossero, le persone che Sandra, menzionava ogni volta nei suoi racconti.

Diedero Sandra come visionaria, ai giornali, nessuno credeva più alle sue parole, anche se aveva le poche foto rimaste, e l'immagine di quella bambola, di dubbia provenienza, molte cose non quadravano, Jessica non risultava in nessuna scuola, lavoro o centro medico, ma il corpo, era lì...






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Capitolo 18
Ti troverò





Erano passati due anni ormai da quell'accaduto, Sandra aveva ritrovato le forze per reagire, e ritornare al suo vecchio lavoro, la psicologa l'aveva aiutata molto, anche se molte cose, non erano state risolte.

La presunta morte di Jessica, ai suoi occhi, risultava come falsa, non riusciva a credere a quanto accaduto, quel messaggio vocale se lo sognava tutte le notti, quel messaggio che era stato cancellato, forse dalla polizia stessa, era la prova che Jessica, era stata rapita, Sandra, aveva visto un luogo nascosto, insieme a Roberto, che tutti fingono di non conoscere, ha visto con i suoi occhi, ciò che il mondo fuori nasconde ogni giorno, quelle figure, che portavano via i due uomini, quella notte...

Le stesse figure che la spogliarono e la lasciarono sul ciglio di quella strada, non perse le speranze, ma aprì un blog, insieme ad altri ragazzi che si interessarono alla sua storia, lo chiamarono (Secretrum.blogspot.it) per divulgare ciò che i governi nascondevano al popolo, nella speranza, di riuscire ad arrivare a qualche verità, che l'avrebbe portata a capire, come trovare Jessica.

Una sera, prese la video camera, e filmò un video messaggio, che avrebbe spedito in rete...




Messaggio video di Sandra Ferilli, 13 Gennaio 2013

“Da quando non sei più qui, la mia vita è cambiata, spesso la notte allungo il braccio per cercare il tuo calore, ma non sento nulla, mi mancano i tuoi passi in corridoio, la tua vocina che mi chiamava dalla cucina, sto male... perché senza di te non esiste più il giorno ne la notte.

Vivere senza di te, è come ricominciare da capo, una vita, che crolla a pezzi, eri la sostanza che teneva tutto unito, ma ora, ogni cosa che tocco si frantuma, e se prima il mio cuore batteva per una ragione, ora, batte solo perché deve farlo, per non farmi morire, anche se... molte volte, morire, è la cosa che mi può rendere felice.

A tavola, senza te... senza te... è triste, tutto diventa freddo, anche se fuori c'è il sole, penso di non riuscire a far finta che tu non sia mai esistita, qui dicono tutti che tu... sei morta, altri, che non sei mai esistita, allora io... guardandomi allo specchio, mi chiedo chi di loro ha ragione.

Sono io la pazza, o sono loro, che mi ci fanno diventare? 

Ma ora, io so solo che continuo ad amarti, e che tu, sei l'unica persona che mi fa sentire vera, in ogni momento della giornata, mi fido solo di te, perché fuori, non ho mai trovato e mai troverò un cuore, e un'anima come la tua... e terrò stretta tra le mie mani ogni piccolo e grande ricordo di noi, senza farlo scappare mai.

Dentro di me, sarai sempre presente, e ti troverò amore mio!

Ovunque tu sia...”



Sandra guardava le stelle fuori dal balcone, quel cielo stellato che condiva la città di Firenze, una sua amica la chiamò al telefono: “Hey Sandra, dai che siamo in ritardo, rischiamo di perdere il film!!!”

Sandra: “Arrivo!!! scusatemi, ora scendo”

Pubblicò il video sul web, spense tutte le luci e scese di casa, salutò le sue amiche e salì in macchina, quella città, quelle strade, ogni angolo, erano state il pubblico di una storia misteriosa, che Sandra, sta ancora cercando di combattere, ed è sicura, che nella sua battaglia può provare a svelare la verità a molte persone, e che prima di morire, le sue braccia, riusciranno a riabbracciare la sua Jessica...

Il mondo nasconde milioni di misteri e casi irrisolti, e nessuno verrà mai a dirti, cosa sia vero e cosa sia falso, viviamo raggirati da un sistema che ci porta, nella loro direzione, rendendoci scettici e stupidi, ricordandoci che noi siamo i loro schiavi, e loro, sono i nostri governanti.

Ogni cosa, che non ha una spiegazione, è un qualcosa che noi, non dobbiamo sapere, perché se davvero, vogliamo una risposta...

Dobbiamo mettere il naso, fuori dal nostro cielo, e guardare lontano.



Fine 




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