UNA NOTTE IN OSPEDALE (Romanzo horror free)
EJAY IVAN LAC
UNA
NOTTE IN OSPEDALE
CAPITOLO 1
VERONICA
STA MALE
Veronica
si svegliò nel cuore della notte, seduta nel suo letto della sua
stanza, i genitori dormivano in quella accanto. La sua testa girava
forte e la nausea assaliva la bocca del suo stomaco, quando
improvvisamente vomitò nelle coperte, tutto il cibo che aveva
mangiato a cena.
Tentò
di alzarsi dal letto, con le lacrime negli occhi dirigendosi verso la
camera dei suoi. Aprì la porta e andò vicino a sua madre che
dormiva profondamente: “Mamma, mamma non sto bene” la ragazzina
vomitò una seconda volta, vicino al letto dei suoi, Marta, sua
madre, si svegliò e vide la figlia inginocchiata a terra, con il
vomito vicino.
Marta:
“O mio dio, Veronica cos'hai?”
Il
padre Alvin, si svegliò nel sentire le loro voci, accese la luce
della stanza e vide, insieme a sua moglie, la figlia stare malissimo:
“Cosa succede? Vestiamoci, portiamola in ospedale”
Marta:
“Sta malissimo, dobbiamo sbrigarci!!!”
Alvin:
“Vestila veloce, io mi preparo”.
Arrivarono
al primo ospedale vicino al loro paese, nell'atrio del pronto
soccorso si trovavano tre persone, una coppia di fidanzati e una
signora, seduti in attesa di essere visitati.
Marta
si avvicinò alla reception, mentre la figlia era con suo padre,
seduta nell'atrio: “Mia figlia sta molto male, continua a vomitare,
ed è molto pallida”. La ragazza della reception guardò la
ragazzina, prese dei fogli e li diede alla madre: “Compili questi
fogli, la faremo visitare appena possibile”.
La
madre guardò la ragazza con sguardo infastidito: “Lei deve
avvisare subito un medico, il vomito non si ferma, penso sia molto
grave lasciare una ragazzina di tredici anni in questo stato” la
giovane diede una penna a Marta: “Le ho già detto che deve
compilare questi fogli, c'è altra gente che aspetta... per favore”.
Marta
prese i fogli e si andò a sedere vicino a Veronica, il marito guardò
sua moglie, mentre compilava i fogli nervosamente: “Amore
rilassati, vedrai che non ci vorrà molto” Veronica cominciò a
sentire dolore allo stomaco: “Mamma mi fa male la pancia....”
Marta:
“Lo so tesoro, adesso ti porteranno a fare la visita ok? Prova a
dormire un po', vuoi venire in braccio?”
Veronica:
“No mamma, resto qui seduta”
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CAPITOLO 2
CHRISTINA
E DAVIDE
Christina
e Davide, due fidanzati che erano seduti nell'atrio del pronto
soccorso, in attesa di un medico che visitasse Davide, aveva appena
avuto un incidente, un forte dolore al piede destro stava diventando
insopportabile.
Christina:
“Amore, come va il piede? Senti ancora molto dolore?”
Davide:
“Se lo tengo sollevato no, se appoggio a terra comincio a sentire
male”
Christina:
“Potevi stare più attento con quella moto, lo sai quanto odio le
due ruote!”
Davide:
“Te l'ho già detto, qualcosa mi ha puntato un faro in faccia, non
ho più visto la strada e sono uscito fuori...”
Christina:
“Eri contro mano quando ti sei schiantato contro il muro, a mio
parere, ti stavi addormentando, un auto ti ha fatto i fari”
Davide:
“Quel faro puntava verso di me, era lui in contro mano, io per
evitarlo sono andato nella corsia opposta!”
Christina:
“Ringrazia che hai una caviglia slogata, mal che vada, rotta,
poteva andarti molto peggio”
Un
infermiere dell'ospedale si avvicinò a loro con una sedia a rotelle,
per portare Davide a fare la radiografia: “Forza, si metta seduto
qui, andiamo a fare la radiografia” la ragazza prese la borsa,
voleva anche lei assistere alla radiografia, in quel momento alcune
luci del corridoio subirono un calo di tensione. Tutti guardarono le
luci, Christina si rivolse verso l'infermiere: “Sarà prudente
prendere l'ascensore?” mentre si avvicinarono alle porte
dell'ascensore, l'infermiere rispose sorridendo: “Non
preoccupatevi, non rimarremo bloccati, quelle luci ogni tanto fanno i
capricci”.
La
signora seduta vicino a Marta, Alvin e la loro figlia Veronica, si
girò verso di loro: “Mia madre, quando ero molto piccola, mi
diceva che quando le luci lampeggiano, qualcuno di misterioso si
stava avvicinando” i due genitori della ragazzina si guardarono in
faccia, non sapevano cosa rispondere.
Marta
la guardò sorridendo: “Anche mia madre mi raccontava un sacco di
storie assurde, quando facevo i capricci” la signora si presentò:
“Io mi chiamo Stella, piacere di conoscervi” i due si
presentarono a lei, Alvin accarezzò i capelli di sua figlia: “Lei
invece è Veronica”.
Stella:
“E' proprio una bambina fantastica, siete stati molto fortunati”
Alvin:
“La ringrazio”
Stella:
“Sapete, avevo anche io una bambina della sua età, molti anni fa,
ma purtroppo la vita me l'ha portata via, un brutto colpo per me e
mio marito. Quando lei se ne andò, ci siamo separati, la sua morte
ha sconvolto la nostra esistenza... quando si perde un figlio o una
figlia, la tua vita non torna più come prima...”
Marta:
“Ci dispiace moltissimo, davvero...”
Alvin:
“Lei come mai è qui stanotte?”
Stella:
“Beh io... credo che ormai sia arrivata al capolinea, ho settanta
cinque anni, che motivo ho di esistere ancora?”
Marta:
“Vedrà che qualsiasi cosa senta stanotte, non è nulla di grave!”
Arrivò
un'infermiera a prendere la signora Stella: “Stella tocca a lei, il
medico la sta aspettando” si alzò dalla sua sedia e segui
l'infermiera. Alvin e Marta si guardarono nuovamente in faccia.
Marta:
“Povera signora, era un tantino angosciante!”
Alvin:
“Mi metteva tristezza...”
Veronica
si svegliò, guardò l'orologio sul muro che segnava le due di notte:
“Mamma, quando ci chiameranno?” Marta la guardò accarezzandogli
il viso: “Hanno chiamato tutti, credo che tra poco tocchi anche a
noi”.
CAPITOLO 3
UNA NOTTE
IN OSPEDALE
Alvin
era alla macchinetta del caffè, che si trovava in una stanza in
fondo ad un lungo corridoio soffuso e silenzioso, aveva lasciato la
moglie e la figlia nell'atrio, nel caso le avessero chiamate per la
visita.
Mentre
aspettava che il caffè finiva di scendere, un luce cominciò a
penetrare da una finestrella che si trovava poco sotto al soffitto,
era molto forte, accompagnata da un rumore soffuso, ma che faceva
vibrare leggermente i muri e il pavimento, anche il bicchierino di
caffè all'interno della macchinetta, oscillava.
Le
luci del corridoio si spensero del tutto, rimasero solo quelle verdi
d'emergenza. L'uomo prese il bicchierino di caffè e attraversò il
corridoio, per raggiungere la sua famiglia. Il silenzio che si
provava in quel lungo percorso era qualcosa di angosciante, non si
sentiva nessuno, solo la luce dell'atrio illuminava l'uscita di quel
reparto.
Raggiunte
la moglie e la figlia, arrivò anche il loro turno, una delle
infermiere porto la sedia a rotelle per Veronica: “Eccoci qua!
Siediti qui che andiamo a fare la visita” la ragazzina si mise
seduta sulla sedia a rotelle, spinta dall'infermiera, i suoi genitori
erano dietro di lei per seguirla fino allo studio del medico.
Arrivati
davanti alla porta l'infermiera disse che poteva entrare solo un
genitore, Marta decise di entrare, mentre Alvin restò fuori ad
attendere. Dottore le vide entrare e si alzò dalla poltrona per
presentarsi: “Salve, sono il Dottor. Martines, tu splendida
ragazzina devi essere Veronica, giusto?”
Veronica:
“Si si, sono io”
Marta:
“Stanotte si è svegliata cominciando a vomitare quasi ogni venti
minuti, adesso sembra essersi calmata, ma dice di avere dolori allo
stomaco”
Martines
aiuto Veronica a sdraiarsi sul lettino, mentre l'infermiera preparava
la siringa per il prelievo. Cominciò a premere sul suo addome, per
verificare lo stato della ragazzina, mentre l'ago penetrava nella
pelle del suo braccio.
Martines:
“Ti ricordi cosa hai mangiato a cena?”
Veronica:
“Le patate al forno e la pasta con le zucchine...”
Martines:
“Ottimo, direi un bel menù”
Veronica:
“Ho bevuto anche la Cola”
Martines:
“Io penso che qui, abbiamo una gastroenterite. Ti faremo una flebo
per fermare i dolori, la nausea, e per reidratarti di nuovo, nulla di
grave, resterai qui per un'oretta, il tempo di finire la flebo”
Marta
si avvicinò alla figlia, mentre gli veniva messa la flebo: “Visto?
Nulla di grave, adesso ti rimettono in salute”
La
signora Stella, finito di fare gli esami, si diresse verso il bagno
della stanza che gli avevano assegnato per l'attesa dei risultati.
Si
rinfrescò il viso e si mise sdraiata nel letto, con lo sguardo
avvolto dai pensieri. Chiudendo gli occhi, si trovò davanti un
ricordo di suo marito, che la guardava sulla soglia della porta della
cucina di casa sua: “Andrà tutto bene...” gli disse l'uomo, con
voce bassa, ma la casa cominciò a vibrare, una luce fortissima
entrava dalle finestre, mentre lei allungava il braccio verso di lui,
gridando: “Ti prego no!!!”.
L'uomo
cominciò ad allungarsi, come risucchiato da qualcosa che stava fuori
dalla finestra della loro cucina, lui era sorridente, mentre il suo
corpo si estendeva all'interno di quella luce, poi svanì nel nulla.
Stella
si svegliò dal sogno, la stanza dell'ospedale era buia e silenziosa,
ma l'ombra delle scarpe di qualcuno, si intravedeva in basso alla
porta chiusa della stanza, restava li davanti, era come se qualcuno
guardasse la sua porta senza entrare.
La
testa di Stella cominciò a girare, una sensazione di confusione e
spossatezza, faticava a tenere gli occhi aperti. In quel momento la
porta si aprì e una figura scura, molto alta e magra, si diresse
verso di lei, la porta si chiuse, lei non riusciva a dire nulla, la
sua voce era come soffocata e il suo corpo non riusciva a muoversi.
La
vista era leggermente annebbiata, la misteriosa figura gli mese la
sua lunga mano sulla fronte e gli parlò: “Non preoccuparti Stella,
a breve incontrerai il tuo compagno” la figura gli aprì la bocca
con le mani, una seconda presenza si avvicinò a lei, teneva tra le
mani un tubo metallico pieghevole.
Cominciò
a farglielo entra dalla bocca, lei non poteva gridare, sentiva questo
tubo freddo scivolare fino alla gola, per poi spingere ancora più
all'interno. Riusciva a sentirlo entrare fino allo stomaco, ma non
sentiva nessun tipo di dolore. Da una delle finestre entrò una luce
bianca, la vista era sempre più annebbiata, l'ultima cosa che vide,
erano le sue gambe che si estendevano, come gomma, verso la luce,
anche lei venne risucchiata fuori dalla finestra.
Stella
sparì, la stanza rimase completamente vuota, ogni suo oggetto era
sparito, dalla borsa ai vestiti, nel reparto nessuno si accorse di
nulla. In quella notte in ospedale, buia, avvolta da una vibrazione e
sensazione strana, che si muoveva da reparto a reparto, in cerca di
qualcosa.
CAPITOLO 4
VIENI CON
NOI
Christina
era nella sala d'attesa ad aspettare il suo fidanzato Davide che
finiva di essere visitato. Tra le mani aveva una rivista di
capigliature da donna, ne aveva notato una in particolare e sorrise,
pensava a come sarebbe stata con quel taglio.
In
quel momento dalla sala medica uscì Davide con la carrozzina,
accompagnato dall'infermiera. La ragazza li lasciò soli in attesa di
sapere qualcosa sulle radiografie.
Christina:
“Allora amore? Cosa ti hanno detto?”
Davide:
“Ancora nulla, mi hanno fatto la radiografia, ma non so ancora
niente”
Christina:
“Non ti hanno detto nulla?”
Davide:
“No, devono fare vedere la lastra all'ortopedico”
Christina:
“Questo ospedale è di una lentezza incredibile”
D'un
tratto tutte le luci del reparto si spensero, anche quella della sala
d'attesa, il silenzio avvolse i due fidanzati. Christina si affacciò
fuori dalla sala, per guardare il reparto, non c'era anima viva,
nessuna infermiera, il vuoto più totale.
Davide
si avvicinò a lei, spostandosi con la sedia a rotelle: “Che
succede?” la ragazza si girò verso di lui stranita: “Non
capisco, non c'è più nessuno”.
Christina
decise di uscire dal reparto, insieme a lui, spingendolo con la
sedia. Camminava piano per vedere se trovava qualcuno nelle altre
stanze, ma tutti erano scomparsi. Anche l'atrio, che si trovava fuori
dal reparto era al buio, aprì la porta ed uscirono fuori. Gli
ascensori erano spenti, e non si vedeva nulla.
Improvvisamente
si accesero le luci notturne, permettevano di vedere qualcosa, ma
quel silenzio, quasi fastidioso, stava cominciando a dare brutte
sensazioni ai due.
Christina:
“Sta succedendo qualcosa, dobbiamo tentare di scendere dalle scale”
Davide:
“Con la sedia a rotelle? Non posso, e se cammino il piede mi fa
troppo male”
Christina:
“Se trovo delle stampelle, riusciresti a scenderle?”
Davide:
“Si, ne ho viste un paio nella sala per le radiografie”
Christina:
“Aspettami qui, corro a recuperarle, se passa qualcuno fermalo...”
La
ragazza ritornò nel reparto, il ragazzo parlava tra se e se: “Se
passa qualcuno fermalo.... e cosa gli dico?”
Christina
percorse il lungo reparto, aprì la porta della sala radiologica,
vide due stampelle poggiate vicino al lettino, ma qualcuno gli chiuse
la porta dietro di lei: “Hey!!! ci sono io dentro, aprite!!!”
Fece
un passo verso la porta ma cadde a terra, non riusciva più a muovere
le gambe, era come se non le sentisse più attaccate al corpo. Le
toccava con le mani, ma non sentiva nulla: “Aiuto!!! non riesco a
muovermi” si mise a piangere dalla paura, poi una sensazione di
debolezza la fece sdraiare sul pavimento.
Una
figura snella, molto alta, era sul fondo di quella stanza, la vista
era annebbiata e non riusciva a a distinguere il volto. Altre due
presenze la sollevarono da terra e la misero sul lettino delle
radiografie.
La
spogliarono da ogni suo indumento, lasciandola al freddo, su quel
lettino gelido, non riusciva a parlare ne a muoversi. La figura più
alta si avvicinò a lei, gli parlò, poggiandogli la mano sulla
fronte: “Abbiamo bisogno di tutto quello che hai dentro di te”
una di quelle figure prese un tubo metallico flessibile, gli
allargarono le gambe, facendoglielo scivolare dentro dalla vagina.
I
suoi occhi erano spalancati, con le lacrime che scendevano sul viso e
bagnavano i suoi capelli. Il sangue cominciava ad uscire dalla
vagina, quel tubo, come un aspiratore, la stava prosciugando. Era
collegato ad una sfera, con luce bianca, a temperatura molto fredda,
per mantenere fresche le interiora di Christina.
Una
volta finito il procedimento, sfilarono il tubo da dentro di lei, il
suo corpo era asciutto e piatto. Portarono il cadavere fuori dalla
sala radiologica, dalla finestra del reparto, una luce fortissima
risucchio ciò che era rimasto di lei.
Davide,
dall'atrio, vide la forte luce provenire dal reparto, aprì la porta
e vide il corpo di Christina che veniva preso da queste strane
figure. Creature, che si trovò anche alle sue spalle, tentò di
fuggire, spingendosi con le ruote della sedia, ma uno di loro lo
fermò.
Quella
luce si allungò verso di lui, Davide si mise a gridare dalla paura,
vide anche il suo corpo che si allungava infinitamente verso la
finestra, per poi essere risucchiato completamente.
La
piccola Veronica era nel letto, con la flebo al braccio, anche nella
sua stanza mancava la luce, come in tutto il reparto. I suoi genitori
erano con lei, Alvin seduto su una sedia, vicino al suo letto, e sua
madre Marta, nel mezzo della stanza, che guardava la porta aperta che
si affacciava nel corridoio buio.
Veronica:
“Mamma, puoi chiudere la porta, mi fa paura...”
Marta:
“Certo tesoro”
Alvin:
“Ma in questo ospedale va sempre via la luce, come è possibile?”
Marta
si mise seduta sulla sedia, nell'altro lato del letto di Veronica:
“Era l'ospedale più vicino a casa, l'importante è che il medico
l'abbia visitata”
Veronica:
“Mamma... c'è qualcuno dietro la porta, vedo l'ombra da sotto la
porta...”
Marta
si girò verso la porta, poi si alzò dalla sedia per guardare
meglio, si notava qualcosa, qualcuno era li dietro: “C'è
qualcuno?” Alvin si alzò per raggiungere la moglie al centro della
stanza, guardava anche lui la porta.
In
quel momento si accesero tutte le luci, la porta si aprì. Entro un
uomo con il camice rosso, dietro di lui delle infermiere dal volto
coperto da un velo bianco: “Saluti a voi, siamo qui per prendere
vostra figlia Veronica. Io sono Raul, ho il compito di portare la
bambina dai nostri padroni”
Marta:
“Ma di cosa sta parlando? Dove dovete portare mia figlia?”
Raul:
“Marta... lei è una madre molto protettiva, lo capisco, ma i
padroni hanno chiesto di prelevare questo piccolo cucciolo umano, per
effettuare le giuste cure”
Alvin:
“Le cure? Il medico ci ha appena detto che basta una flebo...”
Marta:
“Chi siete? Non fate parte di questo ospedale...”
Raul:
“Signori... se c'è una cosa che odio profondamente, è quella di
far passare troppo tempo in noiose discussioni. Infermiere, prendete
la bambina”
Le
due figure dal volto coperto si avvicinarono al letto di Veronica, la
madre cercò di fermarle ma qualcosa impedì ai genitori della
bambina di muoversi, e caddero a terra. Veronica si mise a piangere
dalla paura: “Mamma... aiuto!!! mamma!!!”
Una
terza infermiera entrò nella stanza con una sedia a rotelle, munita
di lacci per non fare scappare la bambina: “Andiamo cara, ci
occuperemo noi di te” la bambina continuava a piangere e a guardare
i suoi genitori stesi a terra.
Mentre
portavano fuori Veronica, il suo sguardo rimaneva fisso sulla sua
famiglia, fino a quando non uscì dalla stanza. Artur si avvicino ai
due, prese una sfera metallica dalla tasca, con un fascio di luce
colpi le teste di Marta e Alvin, che esplosero come un palloncino
pieno di sangue.
Veronica
venne portata in un angolo dell'ospedale scuro e freddo, le pareti
erano metalliche, dei rumori meccanici si udivano da lontano. Le
infermiere lasciarono la bambina in una stanza molto grande,
illuminata da dei led bianchi sui bordi, un letto metallico nel
centro, e una grande sfera sopra di esso.
Due
creature molto alte presero la bambina, la poggiarono sul lettino,
entrarono altre quattro figure. Il cuore di Veronica era molto
agitato e spaventato, ma non riusciva a muovere nessun tipo di
muscolo.
Una
decina di piccoli tubi bianchi e lucidi fuoriuscivano dalla sfera, di
colpo si infilarono nella pelle di Veronica, colpirono le braccia, le
caviglie e il collo. La bambina sprigionò un grido di dolore, un
grido che si poteva udire in ogni parte di quel reparto, un reparto
collegato ad un'astronave che stava, in quel momento, stazionando a
fianco all'ospedale.
FINE
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