EJ, UN LIBRO CHE RACCONTA: I primi due capitoli gratis solo sul mio blog ufficiale!
Scritto da: Ejay Ivan Lac
Titolo: EJ
Anno: 2018
Distribuito da: Youcanprint
Capito 1
La mente,
dove tutto ha inizio
Se
torni indietro, con la tua mente, nei ricordi di una vita, è come
fare un viaggio nel tempo, dove puoi ascoltare gli odori e i suoni,
che abbiamo immagazzinato, nel nostro cervello.
Riesco
a ricordare tutto, se chiudo gli occhi e faccio un lungo respiro, ed
è strano sapere che ogni uno di noi, prova sensazioni diverse quando
mette in pratica questo nastro vecchio, che gira e si visualizza
dentro di noi, specie quando stavo sdraiato sul popolare lettino
dello psicologo, che in genere si vede solo nei film, e che ho potuto
provare per un bel po di tempo.
Lui
si che riusciva a farmi ritornare indietro, e forse, mi fa bene
raccontare quel che ero, e quel che sono ora, senza andare troppo in
la:
Psicologo:
“Quindi Ivan, quel profilo sei riuscito a cancellarlo, bene, questo
significa che il tuo crollo è stato superato, che sensazione ti da
questo?”
Ivan:
“Mi da, liberazione, mi da leggerezza, fingere che Elisabetta fosse
ancora viva, mi faceva stare ancora più male, creare quel profilo mi
ha fatto litigare con molte persone, ma sa una cosa? Non me ne fotte
un cazzo sostanzialmente, perché se erano veri amici, avrebbero
capito il disagio, quindi sarebbero rimasti, devo dire che questa
storia, mi ha fatto aprire gli occhi”
Psicologo:
“Questa storia ti ha segnato molto, ma ora vedo, anzi, noto che ti
ha reso molto più forte”
Ivan:
“Mi ha reso molto più realista, ora so che non puoi fidarti di una
pacca sulla spalla, o di un passaggio in macchina, non mi fido più
di nessuno, solo di me stesso.”
Mi
alzai dal lettino, e sorrisi, andai verso la finestra e guardai
fuori, con un lungo respiro liberatorio, ritornai con lo sguardo sul
mio psicologo:
Ivan:
“Ho le idee molto chiare adesso, voglio solo partire un paio di
mesi per New York, mettere su la mia musica, e sentirmi una persona
nuova, mi serve, prendere un aereo e volare lontano, tornare
indietro, far finta, che tutto sia cambiato”
Psicologo:
“I viaggi fanno bene all'anima, al cuore, e sicuramente, alla tua
passione per la musica”.
Lasciate
che vi racconti in breve chi sono...
Da
piccolo ho passato la mia infanzia a girare tutti gli ospedali della
mia città, ho avuto un incidente quando ero molto piccolo, da
allora, hanno cercato di sistemare la mia gamba, peggiorandola, solo
alla fine, sono riusciti a metterla a posto, ma questo ha fatto si
che io passasi quasi tutta l'infanzia a non camminare, a restare a
letto e non sapere minimamente, come si stava fuori con gli altri
coetanei.
A
tredici anni hai voglia di uscire, io invece passavo i giorni a
giocare ai video games, e studiare a casa, per non rimanere indietro
con le scuole, mi ricordo il Sega Mega Drive, ma ancora prima, una
vecchia console chiamata Atari, con il Pac Man e Space Invaders, il
Game Boy in bianco e nero, che mi teneva compagnia nelle stanze degli
ospedali, Mario Bros e Tetris, con la sua musichetta orientale, ogni
volta che appariva la scritta.
Gli
amichetti delle altre stanze, mia madre, che dormiva su una sedia, la
notte, per starmi vicino, in quella stanza che non era la mia, ma
quella di un freddo luogo, dai colori spenti, solo le risate degli
altri malati, della mia stessa età, riusciva a scaldare le nostre
giornate, noiose, ricche di paura, paura che veniva su, ogni volta
che vedevamo i medici arrivare a fare le visite mattutine, paura che
ci portassero da qualche parte, contavo i giorni che dividevano
pomeriggi tranquilli, dal giorno dell'intervento, che sapevo, sarebbe
stato un giorno davvero brutto, spaventoso!
Mi
aiutava la musica, mi aiutavano gli artisti che cantavano nelle
cassette, le cuffie nere con la spugnetta arancione, i giornalini di
Topolino, con le storie, che mi tenevano compagnia, e il quaderni,
che riempivo di fumetti, fumetti che creavo io, immaginavo mondi
fantastici, al di fuori di quelle mura di cemento, che mi ha
accompagnato per troppi anni, cemento che è entrato nel mio sangue
ed ha appesantito il cuore.
Quando
cominciai, ad uscire, con le mie gambe, e stare fuori con i ragazzi
del quartiere, trovai un mondo nuovo, un mondo vero, in cerca di
cose, che non sapevo, ma le volevo comunque, le prime tirate di
sigaretta, la prima birra, i primi baci, le prime toccatine... cose,
che vedevo solo nei film.
E
quando a Diciotto anni, mi innamorai per la prima volta, in tutta la
mia vita, lei, una sera di inverno, pensò bene di abbandonare il
mio cuore, legandosi una corda al collo...
Quel
collo che trovai appeso nella sua camera, mi scrisse di andare da
lei, lasciò la porta aperta, Elisabetta, mi ha tradito,
promettendomi di non lasciarmi mai.
Se
ne andò, in un posto in cui io, non avrei potuto raggiungerla, anche
se ci ho provato un paio di volte, riuscendo a fermarmi, e a capire,
che anche se la mia vita è stata la cosa che più sa di muffa, avevo
dentro di me le carte, per farla diventare meravigliosa!
A
ventisette anni, partire per qualche mese negli stati uniti, non era
cosa facile, conoscevo gente che aveva passato molto più tempo, ed
ero curioso, di provare questa sensazione, avevamo la grande
possibilità, di poterci esibire in qualche locale, e potevamo così,
io ed altri tre ragazzi, far conoscere la nostra musica, mancava poco
al nuovo anno, la serata dell'ultimo, ci aspettava.
Il
duemila e undici, stava per arrivare, così ci siamo promessi di
cominciare l'anno con il botto!
Marco,
che era uno dei deejay hip hop più gettonato, nella Milano di un
tempo, conosceva moltissime persone a New York, grazie a lui, siamo
riusciti a trovare vitto e alloggio, senza pagare nulla, grazie ad
una sua amica, che affittava case nella grande mela, un grande
favore, considerati i cinque mesi di permanenza:
Marco:
“Raga, allora, facciamo così, io e Ejay andiamo a prendere da
bere, voi aspettate qua che curate le valige!”
Dario:
“Ma portatemi una cazzo di bibita energetica, che sto svenendo, dio
mi serve una sigaretta”
Ivan:
“Siamo in aeroporto, credo sia vietato fumare”
Dario:
“Grazie per la tua grande illuminazione”
Raul:
“Io ho bisogno di acqua, ho una sete tremenda”
Marco:
“Allora un energy drink e una bottiglietta d'acqua, arriviamo
subito”
Ci
siamo diretti verso il negozio, Marco mi guardava, come per chiedermi
qualcosa:
Marco:
“Sei pronto? Vedrai che ci divertiamo”
Ivan:
“Sono sempre pronto, quello che mi spaventa è, che se dobbiamo
fare delle serate, e per farci strada, abbiamo bisogno di andare
negli stati uniti, la vedo dura rimanere in Italia, no?”
Marco:
“Almeno, non ci conosce nessuno, quindi se troviamo delle tipe
nuove, possiamo raccontare qualche palla per scoparcele”
La
risata di gusto, era da fare senza discutere troppo.
Capitolo 2
I love
America
Ammetto
che l'appartamento non era un gran che, ma quando si dava un festino
privato, era qualcosa di straordinario, la cosa bella era, che ti
suonavano alla porta, persone sconosciute, si infilavano nel party,
per sentito dire, da qualche invitato li presente.
La
nostra fortuna è che avevamo un grande terrazzo, potevamo starcene
li sopra, anche in dieci persone, bisognava stare attenti a Pier
Bomb, lo sapete perché lo chiamavano così?
Vi
spiego...
Pier
Bomb, era un ragazzo di ventidue anni, grosso quanto un barile, alto
quanto una porta, venire presi in braccio da Pier, era divertente,
specie se eri strafatto da far schifo, ovviamente, evitavo di farmi
sollevare, quando se ne stava a petto nudo:
Pier:
“Ragazzi!!! mi butto!!!!”
E
si lanciava sul tappeto, saltando dal divano, e non abbiamo mai
capito se in quel modo si faceva male o pure no, ma io sinceramente
ne dubito, aveva così tanto grasso che poteva donarlo a tutte le
ragazze presenti ai festini, molte erano magrissime, perché Marco,
conosceva quasi tutte modelle, solo alcune erano carine e piccolette,
con tutta la morbidezza nei punti giusti, anche se erano snelle e
magre, come Stefania, una delle più brave ballerine del quartiere in
cui vivevamo.
Ricordo
che ero sulla sdraio, fuori nel terrazzo con la Bud in mano, e una
pizzetta nell'altra, lei arrivò tutta sorridente, nella sdraio
vuota, vicino a me, con due birre e uno spinello in bocca, e si mise
a ridere:
Stefania:
“Cazzo, non ho visto che avevi la birra, ne avevo preso una anche
per te”
Ivan:
“Lasciala qui, la beviamo finita questa”
Stefania:
“Io sono Stefania, ma qui mi chiamano Stefy Foot, per via del mio
ballo... si lo so che ridi perché qui, non hanno di meglio da fare,
che dare nomi idioti”
Ivan:
“Dai è simpatico, non ti piace?”
Stefania:
“Si ma, Stefy Foot, sembra il nome di un Fast Food, o robe simili”
Ivan:
“A me piace, è carino come te”
Stefania:
“Ah! Grazie... senti, così tu saresti Ejay Ivan Lac, giusto? Ho
sentito parlare di te, da alcuni che ascoltano la tua musica, il tuo
Youtube è conosciuto”
Ivan:
“E tu sei una ballerina straordinaria”
Stefania:
“Non puoi saperlo”
Ivan:
“Perché, so che i tuoi passi sono molto conosciuti”
Stefania:
“Vuoi venire a vedermi domani? Sono alla palestra qui dietro al
palazzo, ho bisogno di qualcuno che mi dica un parere sui miei nuovi
passi”
Ivan:
“Sarò felice di seguire i tuoi passi”
Lei
mi sorrise, era bellissima, e più la guardavo, e più mi emozionavo,
il suo corpicino, il suo seno, il suo culetto, i suoi occhi azzurri e
i capelli biondi, boccoli che scendevano fino alle spalle, il suo
stile trasandato, e le scarpe della Nike, lo zainetto con raffigurato
il personaggio dei video giochi, Sonic, che ha accompagnato le mie
giornate a letto, quando non potevo uscire, mi facevano battere il
cuore, presi il suo invito dentro di me, l'indomani, sarei corso da
lei, per guardarla all'opera, in quel momento la nostra
chiacchierata, fu interrotta dal mio amico Raul, che mi fece alzare
dalla sdraio, mi mise il braccio sulle spalle, come per abbracciarmi,
puzzava di Marijuana, e parlò a tutti:
Raul:
“Lui, è un amico fidato, questa grandissima testa di cazzo, ha
messo su un sound che nei rave di Milano, ha fatto sballare centinaia
di altre teste di cazzo, ve lo dico, scrive anche delle poesie che
fanno accapponare la pelle, una in particolare, quel giorno, quanto è
vero dio, quel giorno ho letto quella cazzo di poesia, quel giorno
stavo per ammazzare mio padre, quel figlio di puttana, ma questa
testa di cazzo, anche se è più basso di me... cazzo se è basso, mi
ha fatto riflettere, diventare un bastardo non ti aiuterà a
sconfiggere un altro bastardo, lascia che la vita sia dalla tua
parte, solo lei saprà darti il sorriso, e ti aiuterà a vendicarti
di chi ti ha fatto del male”
In
quel momento Raul, si allontanò da me, vomitò sul pavimento, gli
dissi se era tutto ok, gli altri nostri amici, vennero in soccorso,
l'abbiamo fatto stendere sul divano, gli tolsi la birra che aveva
nella sua mano, Raul, mi prese dal braccio: “Amico grazie, grazie
amico”!
La
mattina seguente alle dieci del mattino, entrai nella palestra, dove
si trovava Stefania, era con due sue amiche, mi presentai con una
Redbull in mano ghiacciata, lei mi guardò, e si mise a ridere, mi
disse: “Ma a quest'ora la Redbull” io risi, appoggiai il mio
zainetto marrone, a terra, lei si stirava i muscoli, era eccitata
all'idea di farmi vedere cosa aveva creato, insieme alle sue amiche
Miranda e Katrin.
Tre
bellissime figure, in posizione, aspettavano che si avviasse la
traccia, era un ballo che cominciava lento, tra le luci del sole che
penetravano dalle finestre impolverate della palestra, accompagnavano
il suo corpo che lentamente si muoveva, sopra quella base Reggae che
si trasformò, nel classico e sensuale Reggaeton, che nei quartieri
sudamericani della zona, potevi sentire, ogni volta che uscivi di
casa, per andare in centro, o per comprare qualcosa al supermarket!
Le
sue gambe si muovevano benissimo, senza sbavature, senza
imperfezioni, e lei, lei era bellissima nei suoi movimenti, credo
faceva apposta a guardarmi e sorridermi, quando la traccia diventava
lenta e sensuale, si toccava i fianchi, si toccava le braccia, come
per invitarmi a prenderla, catturarla, ma c'era qualcosa nei suoi
occhi, qualcosa che non voleva far vedere, ma che io, riuscivo
comunque a percepire... mi chiedevo solo, cosa mi stavo perdendo,
cosa c'era dietro a quei sorrisi, a quella bellezza, che ho
incontrato la sera prima, sul nostro terrazzo, chi era, quella
ragazza che avevo davanti?
Alla
fine del brano, uno dei suoi passi finì per farla cadere, il suo
sguardo allegro e gioioso, divenne tutto d'un tratto, serio e
arrabbiato, tirò due pugni sul pavimento, ed esclamò ad alta voce:
“Cazzo!!!”
Mi
avvicinai a lei per aiutarla ad alzarsi, ma non voleva essere
toccata, e si alzò da sola, le sue amiche si allontanarono, e gli
dissero: “Prenditi una pausa, ci vediamo più tardi tranquilla”
mi guardò dispiaciuta, ma era ancora molto agitata, scusandosi per
la sua reazione, con passi nervosi si muoveva raccogliendo la sua
borsa e la sua giacchetta, e mi invitò a fare colazione nel bar
all'angolo, proprio fuori la palestra.
Seduti
al bar, vicino al finestrone che si affacciava sulla strada, mi
fissava, seduta di fronte a me, mentre sorseggiava il suo cappuccino
di soia:
Stefania:
“Mi dispiace per prima, sono stata sgarbata, scusa...”
Ivan:
“Non ti preoccupare, ti capisco, si vede che tieni tanto a ciò che
fai, è una reazione normale per noi artisti”
Stefania:
“Tu sei più artista di me, io metto solo su dei passi, che
probabilmente non vedrà mai nessuno!”
Ivan:
“Ma che scherzi? Mi hai affascinato la dentro, sei stata
straordinaria, e vederti danzare, mi hai fatto battere il cuore,
davvero”
Si
mise a ridere: “Oh ti ha fatto battere il cuore qualcos'altro, il
mio corpo, eh?”
Ivan:
“No, parlo seriamente, sei una ballerina fantastica, un'artista a
tutti gli effetti, anche come hai creato la coreografia insieme alle
tue amiche, sei un genio credimi”
Stefania:
“Sai, se riesco a vincere il concorso che si terrà tra due mesi,
posso avere i soldi per mettere su, il mio spettacolo musicale che
sto scrivendo, e venderlo ai teatri, dove posso recitare e ballare
nello stesso momento, è il mio sogno, mi aiuterebbe a staccare la
corda che mi lega alla mia situazione”
Ivan:
“Un bel obbiettivo, complimenti, vedi? Ho ragione a dire che sei
una grande artista no? ma questa situazione di cosa tratta?”
Stefania
mi guardò, e poi prese il cellulare in mano, disse che era tardi,
preferiva tornare in palestra a perfezionare la coreografia: “Ci
vediamo domani sera al locale, così ti sento suonare dal vivo,
magari se non sono troppo stanca, stasera ti scrivo”
Così
ci salutammo, la lasciai andare ai suoi impegni, pagò di corsa anche
il mio cappuccino, con un bacio sulla guancia corse via verso la
palestra, intanto, c'era sempre quel qualcosa che nascondeva dietro
ai suoi bellissimi occhi azzurri, non riuscivo a capire, quale
sofferenza portava dentro di se!
Uscito
dal bar, cominciai a camminare in quel quartiere, un viale pieno di
alberi, e palazzi marroni, le scale in ferro e i ragazzini seduti
sulle scale, le varie etnie che si mischiavano, e i ragazzi che ti
guardavano, mentre passavi davanti ai loro ritrovi, sulle panchine, o
davanti agli ingressi delle loro abitazioni, non erano sguardi
cattivi, erano semplicemente curiosi, perché avevo la sensazione
che, nei vari quartieri, tutti si conoscono, tutti sanno chi sei,
cosa fai, da dove vieni, e se vedono qualcuno di nuovo, cercano di
capire di chi sei amico, con chi giri, dove potrebbero averti visto,
ed ero sicuro al mille per mille, che la sera seguente, sarebbe stata
quella che avrebbe portato tutta quella gente, a conoscermi,
suonavamo in uno dei locali underground più popolati della zona,
musica hip hop ed elettronica che si mischia in varie sfumature, ero
sicuro, che il giorno dopo quella famosa notte, quegli sguardi, si
sarebbero trasformati in parole e conoscenze.
CONTINUA.....
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